Non sono proprio un fervido estimatore del Clint Eastwood regista, specie quello delle ultime pellicole, ma devo dire che Gran Torino non mi è dispiaciuto. Come sempre non c’è molta audacia né una profonda analisi delle tematiche trattate, tuttavia è apprezzabile la forza empatica di certe immagini e soprattutto un’evidente e sincera adesione al messaggio trasmesso, che si traduce in un’ottima interpretazione e certamente lo rende uno dei migliori film diretti dal regista californiano.

Asghar Farhadi dimostra di essere, prima che un abile sceneggiatore e regista, un acutissimo osservatore di comportamenti umani. Un'opera cinematografice forte e coraggiosa, tanto profonda nei contenuti quanto saggiamente essenziale nella forma; capace, senza porre chissà quali quesiti esistenziali, di scuotere ed indurre alla sincera riflessione. Scusate se è poco.

Semplicemente incantevole. Non esiterei troppo a definirlo il miglior prodotto alleniano da una quindicina d’anni a questa parte, forse equiparabile solo a “Match Point”. Diversi i richiami ai suoi cult (“La Rosa Purpurea del Cairo” per citarne uno, e soprattutto “Manhattan”, nella bellissima sequenza d’apertura che presenta una Parigi da togliere il fiato), per dirci ancora una volta che, nonostante un sogno ad occhi aperti sia per sua stessa natura illusorio, in fondo anche di questo abbiamo bisogno; pur senza dimenticare quanto sia intellettualmente doveroso vivere criticamente il proprio presente, per non cadere nella vana contemplazione di un’età dell’oro che comunque ne avrà sempre un’altra antecedente. Formidable, Monsieur Allen!