Tocca constatare che ogni nuovo film di Reitman è sempre un po’ meno riuscito del precedente. Si spera che sia solo un caso e che i prossimi lavori invertano la tendenza, magari rifacendosi più all’audacia di ‘Thank You for Smoking’ o ‘Juno’, i veri gioiellini di una comunque notevole filmografia.

Sull’ultima provocazione, se di questo si tratta, anche se non ne vedo alcuna attinenza con la questione, ti rispondo che nessuno di noi due probabilmente diventerà un Sorrentino, nel mio caso semplicemente perché non è la mia ambizione né un mio desiderio. Non ho mai visto Boris, né la serie né il film, per cui mi perdonerai se non ho ben colto il senso dell’ultima riga, anche se posso immaginarlo. Senza voler essere offensivo per carità, aggiungo solo che dare 10 o 0 solo perché altri danno 6, insultare ed auto-ergersi ad una sorta di inetto Robespierre, il tutto senza apportare un contributo minimamente utile o interessante, oltre a palesare un'evidente esiguità di contenuti, non fa di te un giudice critico o coraggioso, né una persona molto assennata o credibile. All’apparenza più un gran saccente, di quelli che evidentemente parlano per far discutere, ma che in fondo a sentirli bene sono solo un po’ imbarazzanti.

Sull’inutilità di questo dibattito non c’è dubbio, col mio ultimo commento avevo già messo in evidenza la pecca che ho commesso dandoti fin troppa attenzione. Ma vorrei giusto risponderti sulle questioni che hai avanzato. Obiettivamente non credo di mancare in giudizio, perché, come vale per ogni altro utente, ogni mio voto o commento è dato con giudizio ed esprime un parere critico. Quella sul coraggio è una sciocchezza che non merita di essere commentata. Ribadisco che do ogni voto con criterio ed incondizionatamente, trovo anche surreale doverlo puntualizzare. E se ti fossi scomodato ad andare un po’ a ritroso avresti certamente trovato mie valutazioni in contro-tendenza. Non pretendo che tu debba comprenderle, tantomeno considerarle utili; d’altronde l’interpretazione di un concetto è sempre soggettiva, e, nello specifico, la cosa non mi tange, anzi mi avrebbe sorpreso il contrario.

Una bella storia, qualche sequenza non male, battute scorrette (ma neanche troppo). Non mi meraviglia che possa essere piaciuto così tanto. Eppure ‘Intouchables’ non mi ha entusiasmato, forse anche per sovraccarico di aspettative. Film manieristico che di più non si può, a tratti sembra perdersi in sé stesso. Scorre bene, ma senza lasciare traccia del suo passaggio. Niente di indimenticabile.

La bellezza di Jean Seberg in "Fino all'Ultimo Respiro" è un qualcosa di indescrivibile. Un film che è avanguardia proiettata sullo schermo, non si può non esserne affezionati.

50/50 vuole commuovere, inutile girarci intorno. Ed in parte ci riesce anche, inutile negarlo. Detto ciò, e detto delle buone interpretazioni e di un discreto ritmo, non si può sorvolare sul fatto che il film di Jonathan Levine non presenti elemento di originalità alcuno, che abbia uno sviluppo narrativo largamente prevedibile e che appaia a tratti un po’ forzato, nel rincorrere l’obbiettivo di cui sopra. Giusto così tutto sommato, per un film che non è (e che non vuole essere) un capolavoro. Se lo si accetta così per com’è, l’ora e mezza scorre senz’altro in modo gradevole.

Il mio commento non era una richiesta di istruzioni, non ne ho estremo bisogno al momento. Avere pareri contrastanti è legittimo ed essenziale, ma se si pretende di imporre la propria verità assoluta (peraltro in modo discutibile), sarebbe quantomeno sensato addurre delle motivazioni. Ho ritenuto che la tua critica potesse essere il presupposto ad avviare un confronto, cosa sempre utile e piacevole (magari tra persone evolute che non hanno bisogno di inveire). Evidentemente ho ritenuto male, me ne farò una ragione …

Passato un tantino inosservato, forse per la contemporanea uscita del suo “omologo” italiano A.C.A.B., Polisse si dimostra un film tosto, dai toni forti, che emoziona tenendo fede ai must dell’obiettività e della credibilità. Ci riesce ampliando il più possibile lo spettro di tematiche, contesti, di azioni e reazioni, cercando di non nascondere nulla alla vista di uno spettatore indotto a riflettere criticamente. Il taglio narrativo funziona, la regia è audace ma onesta, la recitazione lodevole.

Certamente non è casuale l’utilizzo del 3D in un film che celebra gli albori del cinema. Passano le epoche, del cinema ormai si abusa palesemente, eppure è innegabile come di esso permanga ancora (per fortuna) un’aura straordinariamente attrattiva e folgorante. È un’opera questa a dir poco singolare per un regista abituato a navigare per ben altri mari. Non sarà di certo memorabile, però Scorsese è sempre Scorsese, e merita di essere visto a prescindere.

Meno male che è arrivato il giustiziere... No scherzi a parte, vorrei davvero capire in che modo sto film è stato secondo te sottovalutato, perché sarò anche un bue ed un beone, ma dal tuo commento non si capisce affatto. Argomentando a dovere la tua tesi magari gli renderai anche giustizia. Ciao.

Mi trovo in gran parte d’accordo con il commento che precede. L’intuizione di base è davvero ingegnosa, comporta parecchi spunti di riflessione esasperando il collasso (ahimè reale) del sistema capitalistico, e merita le migliori lodi. Purtroppo la messa in scena non è pienamente all’altezza e, dopo un incipit che promette bene, “In Time” va perdendosi nei meandri del classico action movie, lasciando soddisfatti solo a metà. L’intrattenimento è assicurato, ma con un’idea del genere di poteva e si doveva rischiare di più. Un capolavoro mancato.

Ci vuole coraggio e non poca ambizione per fare ai giorni nostri un film come “The Artist”. Il rischio di cadere in un tedioso elogio del “cinema che era” è enorme, eppure, grazie da un acuto senso della misura, qualche virtuosismo registico non da poco ed eccellenti interpretazioni, il risultato è davvero pregevole ed il film brilla proprio per quella delicatezza e quella genuinità che rimandano ai primi passi della settima arte, senza ostentazione alcuna.

Questo è uno dei maggiori esempi di come l’arte cinematografica abbia una capacità espressiva pressoché illimitata. Fin dai primi minuti Dogville lascia spiazzati, inquieti, ed alla fine si ha la sensazione di aver assistito alla rivelazione di una verità universale. Un quadro gelido ed asfissiante, che non lascia spiragli all’indulgenza o alla speranza, e che trova riscontro in una rappresentazione scenica perfetta, capace di racchiudere in sé una logica narrativa ineccepibile.