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Henry Hill racconta la sua storia di gangster da quando, ragazzetto, guardava i boss del quartiere. Incomincia così a frequentare l'ambiente dove James, Tommy e Paul lo introducono al crimine. Henry nel frattempo si è sposato con una ragazza ebrea, che ignora la sua vera professione, ma che a poco a poco verrà irretita nei traffici del marito. Caduto in disgrazia e temendo di essere eliminato, Henry decide di "cantare" con l'FBI. |
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"Che mi ricordi, ho sempre voluto fare il gangster."
Trent'anni di omicidi, contrabbando, spaccio di droga, rapine, carcere ma anche di pranzi, feste, mogli, figli, amanti: a raccontarli è Henry Hill, gangster pentito e implacabile accusatore degli ex “amici”.
L'assunzione di tutte le colpe del mondo, per vivere, fino al più profondo della violenza, la propria esigenza di redenzione; i personaggi di “Quei bravi ragazzi” non evolvono, non trascendono nella sofferenza: rimangono dei mediocri, volgari “arrampicatori” del crimine. Nel migliore dei casi, degli innocenti dalle idee poco chiare. Che si salvano (o si dannano, a seconda dei punti di vista) come succedeva al vero protagonista del film precedente (L’ultima tentazione di Cristo). Giuda.
Ma c'è un comune denominatore tra i due film: ed è quello di costruirsi su delle storie di personaggi, di avvenimenti, quotidiani, che s'imprimono nella memoria degli spettatori.
Mettendo in scena la quotidianità del crimine, l'assuefazione alla violenza, Scorsese è uno dei “veristi” più potenti del cinema: e tutta la forza dei suoi film, la poesia della sua opera, nasce dal processo di fuga da un verismo istintivamente perfetto.
Da un lato, allora, le “espressioni” indimenticabili (la banale entrata in un locale notturno attraverso la porta sul retro e le cucine, incredibile piano-sequenza che si carica di significati metaforici); dall'altro la banalità di quel quotidiano, di quella normalità che più facilmente permette a Scorsese di farci intravedere dove si situano i “confini”.
La materia cinematografica sembra piegarsi come per incanto ai desideri del regista: tutto ciò permette al film di rimanere "vero" e visionario al tempo stesso. Di trasformare, in poche parole, "un altro film sulla Mafia" in un racconto morale, in un vero e proprio capitolo di una poetica e verosimile (contro)storia d’America.
Oscar per miglior attore non protagonista (Joe Pesci) (1990).
Leone d'argento alla Mostra di Venezia. |