Inizia come un dramma umano, prosegue come critica sociale e finisce per assurgere a saga epica/biblica. Leviathan è uno schiaffo fragoroso nei confronti dell'avidità umana, della corruzione post-sovietica ma anche della divina indifferenza. E' un film pervaso dalla mancanza di speranza, che sarebbe - forse - troppo limitante circoscrivere alla realtà alienante della Russia di Putin, che pure traspare perfettamente in tutta la sua feroce vacuità.

Nel complesso questo Mia Madre è un film profondo e maturo, che si allinea più al filone della Stanza del Figlio che ad Habemus Papam senza però avere la forza dirompente del primo o la genialità polemica del secondo. Ho trovato difficilmente digeribile l'accostamento tra tre personaggi che non hanno certo la stoffa dei comprimari: Moretti-Buy-Turturro. Sarebbe bastato uno solo dei tre, o due su tre, affinché il film si reggesse in piedi. Classico caso a cui avrei applicato con piacere il principio "less is more".

Timbuktu mette in scena in maniera convincente la crudezza (più che la crudeltà) dei paesaggi e delle vicissitudini del Sahel. Più che la narrazione, di questo film rimangano impressi alcuni significativi fotogrammi: la partita di (non) pallone, il canto spezzato di Fatoumata Diawara, il fermo immagine al tramonto sul Niger. E' uno stile narrativo africano, a cui probabilmente non siamo ancora abituati, e che spero possa moltiplicarsi presto con molte altre pellicole distribuite nei circuiti internazionali.

Surreale al punto da dar sui nervi, Inherent Vice è invece uno di quei film di cui ci si dovrebbe godere spensieratamente e a pieno tutti i momenti di ossessione, ilarità, delirio e illogicità. Io ho goduto, per lunghi tratti.