E' la fontana dell'eterna giovinezza e l'albero della vita "The Fountain" presentato da Darren Aronofsky In concorso a Venezia. Con le musiche di Clint Mansell (ex cantante chitarrista e tastierista dei Pop Will Eat Itself), il regista racconta una metafisica favola di amore che, alla prima stampa, ha diviso il pubblico. Una favola elegante, ricercata che si sviluppa in tre parti come in tre diversi periodi storici. Protagonisti Hugh Jackman e Rachel Weisz.
Una storia in precario equilibrio tra amore, morte, spiritualità e fragilità esistenziale, Aronofsky spiega come "Il film, esplorando le conseguenze dell'immortalità, riveli paradossalmente quanto la morte sia dentro l'esperienza umana, come sia parte integrante della vita stessa. Assorbe filosofia e tradizioni orientali, dove, a differenza che in Occidente, non si scappa dalla morte, ma la si accetta".
Paranoie, ipocondria, insofferenza. Sono i quarantenni protagonisti del corale "Non prendere impegni stasera" di Gianluca Maria Tavarelli (Liberi, Un amore), presentato ieri In concorso alla Mostra del Cinema nella sezione Orizzonti. "Non si tratta però di un ritratto generazionale - mette in chiaro il regista - Più che parlare della condizione attuale di chi è nato negli anni '60, mi interessava fotografare lo smarrimento di un'età di mezzo. Un periodo della vita in cui, parafrasando i Jethro Tull, sei troppo vecchio per il rock'n'roll e troppo giovane per morire. E' uno strano momento, in cui il disorientamento passa per la scoperta di piccoli problemi quotidiani: ricordarsi dove hai messo gli occhiali, fare i conti con gli attacchi d'ansia". Il risultato è un affresco, di cui sono protagoniste quattro coppie in preda a una cronica insofferenza, che non sembra lasciare margini alla speranza.
L'applausometro dice che forse siamo fuori dalla corsa al Leone d'Oro, però questo è un film niente male. "Fallen" di Barbara Albert (In concorso) racconta la storia di alcune compagne del liceo che dopo la maturità si perdono di vista e che si rincontrano quando hanno circa 30 anni, in occasione di un funerale. Da questo momento comincia un piccolo viaggio lungo un giorno e una notte, durante il quale si ritrovano e scoprono come tornare a essere amiche, nonostante la difficoltà di vivere, la sintonia da ritrovare, le delusioni per le lotte studentesche ormai scordate e apparentemente finite in un niente di fatto.
Venezia accoglie Tsai Ming-liang. Il regista malese di nascita ma taiwanese d'adozione, firma il film più complesso, ermetico ed enigmatico della Mostra del Cinema di Venezia. Tsai Ming-liang torna per la terza volta in concorso al festival, dopo il Leone d'Oro vinto nel '94 per "Vive l'amour" e il bellissimo "Good Bye Dragon Inn" (2003), e spiazza con "I Don't Want to Sleep Alone" (Io non voglio dormire solo) dialoghi pressoché inesistenti, atmosfere fumose e umide, ritmi diluiti e le note del Flauto magico di Mozart a fare da prologo a una storia carica di metafore. E' il nono lungometraggio di Tsai Ming-liang: "Ognuno ha partecipato a un festival internazionale - dice il regista al Lido - Ma un legame particolare mi unisce a Venezia. Il Leone d'Oro ha avuto una forte influenza sul mio lavoro, mi ha fatto conoscere in Europa e mi ha consentito di rimanere federe al mio stile e a non soccombere a logiche di mercato". Per questo film Tsai Ming-liang è tornato a girare nel suo paese di origine, la Malesia, esattamente a Kuala Lumpur, la capitale: "Affronto un tema che mi è molto caro, quello dell'immigrazione - prosegue il regista che oggi vive a Taiwan - Io per primo sono un immigrato e so bene cos'è quella sensazione di dispersione che si prova a essere lontano da casa. Ho fatto appello alla mia esperienza e saccheggiato i miei ricordi". "Nel film la mano ha un ruolo fondamentale - spiega Tsai Ming-Liang - è simbolo di potere e di affetto, ma anche di perdono".
Nela giornata di oggi prima prova del fuoco per i nostri. Gianni Amelio (già Leone d'oro per 'Così ridevano') porta In concorso la sua Cina vicina con "La stella che non c'è". |