Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Venezia 2006 01/09: "World Trade Center": 'God bless America'

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a cura di Andrea Olivieri
Fischi e freddezza, senza quasi applausi, e qualche risatina finale per la proiezione stampa del film di Oliver Stone "World Trade Center", presentato Fuori concorso alla 63.a Mostra del cinema.
"Basta temi scomodi, la politica divide". Parole di un ex regista 'contro' come Oliver Stone. Un film che ha spiazzato alcuni fan storici del regista e che - con la sua mancata celebrazione polemica dei fatti - è piaciuto molto alla destra statunitense.
"La storia non è convenzionale" ha spiegato Stone durante l'affollatissima conferenza stampa. "Ci sono queste cinque persone - i due agenti intrappolati sotto le macerie, le loro mogli e l'uomo che va a soccorrerli - che non esprimono mai pareri politici. Il mio film parla di loro". "Al centro di questa pellicola - continua il regista - c'è il cuore. È il cuore a mettere insieme la compassione e a fare sì che la gente si aiuti. Noi abbiamo bisogno l'uno dell'altro. La politica divide, il cuore unisce. Allo stesso tempo. Non mi sono mai avvicinato tanto alla morte come in questo film".
Il controverso film di Oliver Stone sull'11 settembre, mette la dinamica degli attentati sullo sfondo per concentrarsi sulla storia vera di due poliziotti rimasti intrappolati per 24 ore nelle macerie delle torri gemelle, e poi salvati. "Credo che qualche volta - prosegue - guardando con la maggior chiarezza e obiettività possibili a un singolo evento, si riesca a trovare nelle sue pieghe qualcosa di molto prezioso, qualcosa di molto più grande dell'evento stesso: il Dna del nostro tempo".
Sempre nella giornata di ieri un lunghissimo applauso è stato invece tributato alla prima ufficiale di "When the Leeves Broke: A Requiem in Four Acts" del regista Spike Lee. Applausi a scena aperta per il Requiem del regista afroamericano, documentario di quattro ore sulla tragedia di New Orleans. Un'accoglienza opposta a quella avuta dal film di Oliver Stone. "Non credo sia giusto fare il paragone" ha detto Spike Lee a chi gli chiedeva se per tragedie così immani fosse migliore lo strumento del documentario che non quello della fiction.
"Per voi l'Africa è periferia. Ma la periferia può irrigare il mondo" dice Mahamat-Saleh Haroun, regista del film In concorso "Daratt". Si tratta della prima pellicola africana in concorso dopo 19 anni. Costato meno di un milione e mezzo di euro (cifra che però Haroun ha faticato a raccogliere), "Daratt" riesce a raccontare attraverso dialoghi succinti, una fotografia straordinaria e due ottimi - e sconosciuti - interpreti i 40 anni di guerra civile che hanno flagellato il Ciad.
Il revisionismo sulla resistenza al nazismo fa irruzione al Lido di Venezia con l’atteso "Black Book" di Paul Verhoeven, In concorso ieri alla Mostra veneziana, con cui il regista di "Basic Instinct" torna dopo molti anni a lavorare nel suo Paese natale, l’Olanda, per raccontarne il lato 'grigio', se non oscuro, di molti protagonisti della Resistenza.
Il film è infatti ispirato al libro Grijs Verleden (Passato grigio) di Chris van der Heyden, "in cui - come spiega lo stesso Verhoeven - la storia viene ripresentata in una nuova chiave di lettura. Nelle interpretazioni tradizionali i Paesi Bassi e i suoi partigiani vengono ritenuti degli eroi indiscussi, contrapposti ai nazisti cattivi. Van der Heyden assume un punto di vista postmoderno, aperto a più interpretazioni. E’ sbagliato dividere i protagonisti della storia in eroi e malvagi. Eroismo e crudeltà sono spesso le due facce della stessa medaglia", aggiunge il regista che ammette: "Volevo che questo fosse un film realistico e provocatorio".
Domani In concorso sarà la volta di Stephen Frears: "The Queen" racconta i giorni che seguirono la morte di Lady Diana è un’altra occasione per raccontare la recente storia pubblica vista attraverso i media.
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