Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Venezia 2006 07/09: "Il flauto magico" mozartiano di Branagh

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a cura di Andrea Olivieri
Proiettare all'epoca della prima guerra mondiale una storia senza tempo, scritta da Mozart su libretto di Schikaneder nel Settecento. Kenneth Branagh sfida la tradizione melomane e trasforma 'Die Zauberfloete' in "The magic flute", opera musicale in inglese. "Volevo portare il pubblico del cinema all'opera" - ha detto il regista - e penso che la traduzione in inglese può facilitare la fruizione di quest'opera. La gente non è disposta più di tanto ad avvicinarsi a un'altra lingua". Branagh, famoso per la sue riduzioni cinematografiche e teatrali delle opere di Shakespeare ('Molto rumore per nulla', 'Othello' 'As you like it', attualmente nelle sale italiane), continua ad amare i classici su tutto. "Hanno una ricchezza e una complessità incredibili. Questo non vuol dire che non mi interessa la contemporaneità, ma amo la sfida dei classici perché affrontano temi universali. Le storie contemporanee sono meno interessanti. Anche se, va detto, fare un lavoro lirico sull'Iraq sarebbe una bella epopea".
La storia d'amore tra Tamino e Pamina, la lotta contro le forze del male, un viaggio alla ricerca dell'amore e della luce, questa è la complessa opera di Mozart, impreziosita di molti simboli massonici che nella versione di Kenneth Branagh si stemperano lasciando però fortissimo il messaggio pacifista.
"Il mio primo film, 'Enrico V', finiva con un forte messaggio antibellico. La prima guerra mondiale, durante la quale è ambientato il film, è stata un immenso dispendio di vite umane, milioni e milioni di persone, e la musica può rappresentare una strada per la riconciliazione, un'apertura verso l'amore e la pace che va al di là delle parole. Il messaggio è semplice ma profondo e molto contemporaneo. Il contenuto simbolico è rimasto: la luce e il buio, la pace e la guerra, odio e amore. La musica di Mozart è talmente forte che ci ha fatto da guida".
Mentre il Festival si avvicina alle battute finali arriva il momento di due nuove pellicole in gara per il Leone d'Oro. Si tratta di "Quei Loro Incontri" e di "Sanxia Haoren" (titolo inglese "Still Life"). In entrambi i casi l'applausometro vola basso.
“Quei loro incontri", film presentato In concorso diretto da Jean-Marie Straub e la moglie Daniele Huillet ha suscitato una contrastata accoglienza da parte dei critici in sala. Le reazioni si sono scatenate soprattutto durante i primi quindici minuti di proiezione: un continuo esodo dalla sala e alcune risate. I due registi hanno adattato parte dei "Dialoghi con Leucò" di Cesare Pavese. Lo stesso testo era stato fonte di ispirazione anche per "Dalla Nube alla Resistenza" del 1979, presentato al Lido nella sezione 'Storia segreta del cinema italiano'.
"Finchè ci sarà il capitalismo imperialistico americano, non ci saranno mai abbastanza terroristi nel mondo". Si conclude così, ed è destinata a suscitare più di una polemica, la lettera inviata da Jean-Marie Straub al Lido. I due, come ha spiegato il direttore del festival Marco Mueller, non hanno potuto accompagnare al Lido il film "per motivi di salute", ma ha inviato tre messaggi letti dall'attrice Maddalena Daddi. L'ultimo ha turbato non poco i giornalisti stranieri e creato imbarazzo nello staff della Mostra. "D'altronde - si legge nella lettera - non potrei festeggiare in un festival dove c'è tanta polizia pubblica e privata alla ricerca d'un terrorista. Il terrorista sono io". "Vi dico, parafrasando Franco Fortini: finchè ci sarà il capitalismo imperialistico americano, non ci saranno mai abbastanza terroristi nel mondo".
Il regista spiega di seguito la scelta di Pavese: "Perchè Pavese? Perché ha scritto: 'Comunista non è chi vuole. Siamo troppo ignoranti in questo Paese. Ci vorrebbero dei comunisti non ignoranti, che non guastassero il nome'. O ancora: 'E dunque. Se una volta bastava un falò per far piovere, bruciarsi sopra un vagabondo per salvare un raccolto, quante case di padroni bisogna incendiare, quanti ammazzarne per le strade e per le piazze, prima che il mondo torni giusto e noi si possa dir la nostra'".
"Sanxia Haoren": si tratta del tanto atteso film a sorpresa del Festival 2006, che in realtà ha un po' deluso le aspettative. Certo, il regista Jia Zhang-Ke è capofila del cinema indipendente cinese, però non ha la caratura delle sorprese degli anni scorsi. Il suo film racconta due storie d'amore, una a lieto fine l'altra no, che si svolgono in uno dei villaggi che vennero sommersi in seguito alla costruzione della diga delle Tre Gole.
Nel 2005 essere il favorito non portò bene a "Good night and good luck". Ora nel Totoleone primeggiano "The Queen", "Coeurs" (Private Fears in Public Places) e "Bobby". Dopo la proiezione di 19 dei film in concorso, i critici danno il film di Stephen Frears in pole position. Ma "The Queen" dovrà vedersela soprattutto con "Bobby" di Emilio Estevez, sulle ultime ore di vita di Robert Kennedy, e "Coeurs" dell'84enne regista Alain Resnais. Per la 'coppa Volpi' il favorito è Castellitto, ma spunta Haroun Djaoro, protagonista di "Daratt".
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