 |
|
Il rapporto tra Nicole e Dan, ex militare con problemi di alcoolismo, è in crisi. Thierry è un agente immobiliare che vive con la sorella Gaëlle - una donna che cerca disperatamente l'amore - ed sogna una relazione con Charlotte, una sua collega apparentemente dalla rigida morale che ha deciso di prendersi cura di Arthur, anziano padre malato del solitario barman Lionel, il cui miglior cliente è la stessa Nicole... |
|
 |
|
Parigi: l’inquadratura aerea che va a stringere, facendosi largo tra i fiocchi di neve, sulla casa che Therry sta mostrando a Nicole e Dan non è un virtuosismo di facciata, ma l’inizio di una storia senza inizio.
Della nevicata sulla città non rimangono che l’impressione iniziale – poi Parigi non sarà più al centro dell’attenzione – e la neve stessa, usata al posto delle dissolvenze come collante tra le storie che vanno pian piano intersecandosi.
“Piccole paure condivise” (questo il titolo con cui è stato presentato a Venezia, perdendo il gioco di parole del testo da cui è tratto il film, “Private fears in public places”, mai quanto nel titolo originale “Coeurs”, letteralmente tradotto dalla distribuzione italiana “Cuori”) non è un film come tanti altri, e questo è il primo e più grande merito di Alain Resnais che, dall’alto di oltre mezzo secolo di lavoro, si limita a raccontare e a farsi capire: l’intreccio è solo apparentemente complesso, ed i rapporti tra i vari personaggi si delineano presto; non c’è conflitto col pubblico, nonostante il finale aperto, perché niente è nascosto, nulla è da decriptare ma il semplice atto di assistere alla proiezione di questo film è quanto serve a comprenderlo.
Ognuno a suo modo, ma evitando lo spiacevole campionario dei caratteri esistenti tanto in voga in Italia, i personaggi di questo film finiscono per mettere in piazza (‘public places’) le loro paure, il represso, ciò che la maschera cela ma non soffoca. Tra di loro, tutti protagonisti allo stesso modo, nessuno mette in ombra né è messo in ombra dagli altri: Laura Morante, ormai legata al personaggio nervoso che ha sempre ricoperto e che l’ha rilanciata negli ultimi anni, si trova bene in un ruolo dai toni (leggermente) meno accesi senza ricorrere all’eccessiva gesticolazione o alla fronte perennemente corrugata a cui ci aveva abituato, ma perde l’occasione di cambiar recitazione mentre è ubriaca.
Nell’esporre una storia tutto sommato semplice, Resnais evita cambi di ritmo, salti narrativi o qualsiasi tentazione che possa distogliere lo spettatore dalla vicenda: così, quando la neve si materializza nella stanza nella quale stanno parlando Lionel e Charlotte, prima ancora di ascoltarne le parole viene dichiarato il punto di rottura, gli intenti del regista e conseguentemente il finale. Le ‘paure private’ sono state condivise, alcune volontariamente, alcune per caso, altre sono semplicemente affiorate: torneranno, nella stessa forma o in un’altra, come prima o poi torna la neve che, dopo aver ricoperto per giorni una città, indipendentemente dalla volontà altrui scompare e si lascia dimenticare.
Leone d'Argento per la miglior regia al 63° Festival di Venezia. |
