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In un elegante quartiere residenziale posizionato in una vallata alle porte di Los Angeles, una donna è nei guai. È innamorata e intorno a lei c'è un denso alone di mistero. La sua storia si intreccerà con quella di un attore appena scelto per interpretare il ruolo di un gentiluomo del sud in una grande produzione... |
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Ennesima opera di un cinema, quello di Lynch, che è dicotomia: prendere o lasciare, amare o odiare.
Probabilmente INLAND EMPIRE, più di ogni altro suo film, rigetta qualsiasi logica, e si allontana addirittura dal concetto stesso di film. Quello che abbiamo di fronte è un flusso (interminabile) di immagini che suggeriscono emozioni e ipnotizzano lo spettatore, non chiamato a decifrare ciò che vede, ma solo a percepirlo. La visione suggerisce la percezione quindi, perché non ci potrebbe essere altro approccio ad una storia che storia non è: il piano narrativo e quello temporale infatti, semplicemente non esistono. In fondo sono convenzioni, e come tali non sono vincolanti nel mondo dell’arte; e poi: se la vita non ha senso, perché un film lo dovrebbe avere per forza?
La presunzione di chi crede di aver capito un film e lo giudica, in questo caso è completamente capovolta, ed è la presunzione di chi il film l’ha fatto, e sembrerebbe essersi divertito molto a girarlo. Lynch non lancia messaggi e non predica morali, in questo caso non lancia neanche la sfida a chi sta incollato davanti allo schermo per quasi tre ore, dando riferimenti che possano saziare l’assoluto bisogno di capire. Questa volta, potrebbero finalmente dire i suoi detrattori, è stato onesto. Ad essere rappresentate probabilmente sono solo le sue paure e i suoi alter ego, disseminati qua e là in questo suo lavoro estremo, nel quale associazioni di idee viaggiano incessantemente sui binari della non-consequenzialità. Oggi potrebbe essere domani in questa realtà che realtà potrebbe non essere. La bravissima Laura Dern è Nikki ma anche Susan, si sdoppia, si auto-analizza, in continuo movimento tra dimensioni diverse unite da porte spazio-temporali, attraverso le quali si riflettono come in un gioco di specchi deformanti. In questa atmosfera onirica, la musica di Badalamenti è inquietudine e mistero, che accompagna ogni visione dell’inconscio rappresentato.
La sensazione che si prova all’uscita dalla sala è quella di essere stati violentati, l’animo è sotto shock e la mente fatica a calarsi nel mondo “reale”; è il grande pregio di un film tecnicamente fantastico, che però niente aggiunge a capolavori quali Mulholland Drive o Strade perdute, come invece era lecito aspettarsi. |
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Commenti del pubblico |
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News sul film “Inland Empire - L'impero della mente” |
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