Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Venezia 2006 05/09: "La stella che non c'è"... nella bandiera cinese

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a cura di Andrea Olivieri
"La stella che non c'è" intimorisce e divide. Il film di Gianni Amelio presentato In concorso ieri sera al pubblico del Festival del Cinema di Venezia, è stato accolto da un lunghissimo applauso, durato oltre 7 minuti. In sala, alla proiezione ufficiale, oltre al regista, i due interpreti principali, Sergio Castellitto e la giovane Tai Ling, al suo debutto cinematografico. Castellitto era accompagnato anche dalla moglie Margaret Mazzantini e dal figlio. Di segno opposto l'accoglienza, piuttosto fredda, riservata alla pellicola durante la prima proiezione in anteprima per la stampa.
Nel film c'è tanta Cina forse più che nei numerosi film cinesi presenti al Lido: "Non basta un film per raccontare la Cina - si schermisce il regista - e forse nemmeno una Cina tra le tante. E poi io non mi considero un bravo documentarista se con questo si intende uno sguardo neutro. Non sono andato in Cina per raccontare lo sviluppo globale. Ci sono andato per accompagnare un uomo che aveva dei problemi in Italia. Io ho bisogno di passare attraverso le cose con i sentimenti. E in Vincenzo ho messo molto di me. Per la prima volta, dopo aver raccontato soprattutto personaggi negativi o deboli, mi sono identificato nel protagonista di un mio film", confessa Amelio.
Tratto dal libro La dismissione di Ermanno Rea, Gianni Amelio ci tiene a precisare che questo è un film: "Sulla questione morale. Questo è il suo senso: tutto quello che abbiamo perduto e si sta perdendo, che avevamo e stava alla base per esempio della mia scelta politica. L'unica soddisfazione che cerca Vincenzo è quella di potersi dire: ho fatto la cosa giusta. E io sono con lui, è un piccolo grande modello - anche politico - che ci indica da che parte cercare la salvezza, senza accondiscendenza verso i nostri tempi viscidi".
Intanto arrivano i primi riconoscimenti. Zhang Yuan, pluripremiato regista cinese de "La guerra dei fiori rossi" e "Diciassette anni", ha ricevuto nella giornata di ieri il Premio Robert Bresson 2006 dalle mani di mons. John P.Foley, presidente del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali. "Sono orgoglioso di questo riconoscimento - ha commentato Zhang - perchè restituisce speranza a tutti cattolici del mio paese. Sono sicuro che un segnale così forte farà sentire loro la vicinanza del Vaticano" ha concluso.
Prosegue il concorso principale del Festival di Venezia: questa volta tocca allo statunitense "Bobby". Applausi convinti e commossi chiudono la proiezione del film scritto e diretto da Emilio Estevez, una storia corale che racconta la quotidianità, i sogni e le delusioni di un gruppo di persone che si trovano nell'Ambassador Hotel durante le ore che precedono l'assassino del senatore Robert F. Kennedy (6 giugno 1968). È una sorta di canto funebre che celebra l'eccezionalità di Kennedy e l'importanza del suo messaggio di pace, uguaglianza e giustizia. Il cast è impressionante: ci sono Anthony Hopkins, Laurence Fishburne, Heather Graham, Helen Hunt, Joshua Jackson, Ashton Kutcher, Lindsay Lohan, Demi Moore, Martin Sheen, Christian Slater, Sharon Stone, Elijah Wood e Nick Cannon. Praticamente una star quasi in ogni inquadratura.
"La sua morte - spiega Estevez - ha rappresentato la fine del sogno americano, la perdita del decoro, l'inizio del declino". Progetto nato prima dell'11 settembre 2001, "Bobby" - sottolinea Estevez - "non vuole suonare quale atto d'accusa contro l'amministrazione Bush, bensì chiamare all'azione, scuotere gli americani dal cinismo e della rassegnazione civile".
e politica in cui sono sprofondati".
Sempre nella giornata di ieri, In concorso” anche il francese "L'Intouchable". Per la seconda volta alla mostra lagunare, dopo "Sade", il 61enne regista parigino Benoît Jacquot, torna a dirigere sul grande schermo la giovane Isilde Le Besco, diventata in un certo senso musa dell’autore transalpino. Dalla Francia a Nuova Delhi, alla ricerca di un padre sconosciuto, per trovare se stessa: erede della solida tradizione del cinema francese più impegnato e intellettuale, "L'Intouchable" è un film a metà strada tra la finzione e il documentario di viaggio, girato con una macchina da presa in spalla che pedina la sua protagonista dall'inizio alla fine della pellicola.
Il suo ultimo film, l'inquietante e ambiguo puzzle noir "Mulholland Drive", risale a cinque anni fa. Oggi David Lynch porta a Venezia, Fuori concorso, il suo attesissimo "Inland Empire", storia avvolta dal mistero ambientata anche stavolta a Los Angeles. E la Mostra gli rende omaggio con il Leone d'oro alla carriera.
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