Recensione: Nuovomondo

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titolo originale

Nuovomondo (The Golden Door)

nazione

anno

regia

genere

durata

120 min.

distribuzione

01 Distribution

cast

C. Gainsbourg (Lucy) • V. Amato (Salvatore) • A. Quattrocchi (Donna Fortunata) • F. Pucillo (Pietro) • V. Schiavelli (Don Luigi) • F. De Cola (Rita) • I. Ragonese (Rosa) • F. Casisa (Angelo) • E. Mahieux (Dottor Zampino)

sceneggiatura

musiche

fotografia

montaggio

uscita nelle sale

22 Settembre 2006

media voti redazione

Trama del film


	L'emigrazione italiana durante il ventesimo secolo raccontata attraverso le vicende di una famiglia siciliana, i Mancuso, che agli inizi del '900 lasciano Agrigento alla volta dell'America. Salvatore, i suoi figli e sua madre, Donna Fortunata, dovranno fronteggiare il viaggio verso un nuovo mondo ben diverso da come si erano illusi di trovarlo.

Recensione “Nuovomondo”

a cura di Glauco Almonte (voto: 8)

Quattro anni dopo “Respiro”, Emanuele Crialese gira “Nuovomondo”: dovrebbe farlo più spesso, visti i risultati. Esaltato dalla critica dopo il primo successo, presto dimenticato e bollato come meteora, con questo film Crialese convince – definitivamente, si spera – tutti.
Il suo “Nuovomondo” è , come “Lamerica” di Gianni Amelio, un’idea, forse un’illusione, nella testa di chi lascia il proprio ‘vecchio mondo’: un’aspettativa enorme, perché non rappresenta un posto, ma il futuro.
Il futuro preso in esame è quello degli emigranti italiani di inizio Novecento, tutti quanti poveri, con una valigia piena di ricordi e il vestito buono addosso, per mostrare il loro ottimismo e gettare via la disperazione di un passato senza prospettive. L’America – quella vera – è la luce in fondo a un tunnel lungo quanto la loro vita intera, e basta soltanto intravederla per rimanere abbagliati e perdere il senso della realtà. Giustamente, perché si tratta una realtà che non hanno modo di commisurare alla loro esperienza, alle loro conoscenze e, quindi, nemmeno alle loro aspettative.
Al centro di questa pellicola non c’è il nuovo mondo, né la storia degli emigranti: è raccontato il loro viaggio o, più precisamente, la loro idea di viaggio: il nuovomondo, la nuovavita, la nuovaluce. Salvatore trova l’America, così come l’aveva immaginata, a metà del viaggio: un’America dai lunghi capelli rossi, lo sguardo intelligente, l’accento inglese e una proposta di matrimonio. Non è amore, ma lo sanno entrambi; e poi quel nome, Lucy, inevitabilmente equivocato in Luce...
Crialese evita di raccontare una favola, sa che non è il contesto adatto; se Salvatore trova il suo nuovomondo prima ancora dello sbarco a Ellis Island, in molti non lo trovano nemmeno sul posto. Lo spettatore sa che non esistono carote giganti o fiumi di latte, ma agli occhi di un pastore siciliano un grattacielo è molto di più, perché non è una parte, ingigantita, del suo vecchiomondo: è il nuovo, è la realtà che si presenta ai suoi occhi più grande dell’utopia.
La maturità con la quale Crialese gira il suo terzo film è impressionante: evidentemente sa che il passo dal capolavoro alla presunzione è breve, e non lascia mai che sia la storia a prendere il sopravvento. A parlare per lui, in vece della musica, di espressioni intense o di discorsi precostituiti, sono le immagini; non c’è mai compiacenza nel mostrare le reazioni dei suoi personaggi: anche nel finale, quando Salvatore barcolla tra indignazione e sconforto, la macchina da presa non lo segue ma testimonia, immobile, la sua dignità.
Se non si monta la testa, il nuovomondo del cinema italiano potrebbe essere lui.
Vincitore del “Leone d’Argento rivelazione”, premio istituito appositamente dalla giuria, al 63° Festival di Venezia.