Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Roma 2007 21/10: Bertolucci incanta la platea

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a cura di Riccardo Rizzo
Giornata piena, quest’oggi, alla Festa di Roma.
Il primo appuntamento è stato la proiezione stampa del film di Gavin Hodd, Rendition, la storia (una delle tante purtroppo) di un musulmano accusato di terrorismo e per questo rapito e seviziato brutalmente dalla CIA in una prigione segreta oltreoceano. Diretto dal regista de Il suo nome è Tsosi, vede come protagonisti Reese Witherspoon, Jake Gyllenhaal e Meryl Streep che portano alla ribalta il complesso problema delle torture nelle carceri dove giorno dopo giorno vengono rinchiusi sospetti terroristi. Il film, in programma questa sera (nella sezione Prèmiere) per il pubblico, ha convinto la critica la quale gli ha dedicato un convinto applauso: il tema scottante che racconta lo inserisce di diritto nel filone di quel cinema di protesta verso la politica (?) di Bush, che ha prodotto pellicole con un discreto successo di critica (meno di pubblico) come quelli di Moore o Gaghan, per citare alcuni esempi. Una denuncia che invita alla riflessione, come spiega lo stesso regista: “ho voluto dare un volto umano alle detenzioni arbitrarie e alle torture. Ci si dovrebbe render conto che qui non parliamo di numeri, ma di persone. E della loro vita". Uno scopo che il regista sudafricano sembra aver raggiunto già con i suoi due attori presenti quest’oggi a Roma: "Avevo letto qualcosa sui giornali, ma solo la sceneggiatura mi ha fatto conoscere davvero tutti gli aspetti del problema, che mi ha appassionato. Ora, dopo aver capito grazie al personaggio cosa vuol dire essere legati a musulmani in America" dice la Witherspoon, mentre Gyllenhall, che si dice "essere cresciuto con i valori della solidarietà e della non violenza" aggiunge che "lo stesso è accaduto a me, anche perché per prepararmi ho parlato anche per organizzazioni di diritti civili, con avvocati i cui clienti hanno avuto esperienze simili, e così via."
Subito dopo, sempre nella sala Santa Cecilia, è stata la volta di Silk, il quale però non è riuscito a convincere fino in fondo i giornalisti presenti. Il film, un adattamento del fortunato romanzo Seta di Alessandro Baricco da parte del francese Girard, narra dell’avventura di commerciante francese che si spinge fino in Giappone per trovare bachi da seta, ma dove alla fine troverà l’amore. L’impressione è che la pellicola non riesca fino in fondo a replicare il fascino evocato dalle parole di Baricco (problema che in generale si ripropone spesso per ciò che concernono le trasposizioni libro/schermo) e che sebbene conti su ottima interpretazione della bella Knightley (ancora una volta in costume dopo Espiazione) e di Pitt (Michael) rimanga intrappolato nella affascinante fotografia che la caratterizza senza entrare nella profondità delle anime dei protagonisti e degli stessi spettatori. Come Rendition, anche Silk verrà proiettato questa sera al pubblico per la sezione Prèmiere.
In concorso invece, sono stati presentati in successione: Caótica Ana, dello spagnolo Medem, e Ce que mes yeux ont vu, del francese Laurent de Bartillat. Il regista di Lucía y el sexo firma un film complesso e difficile, mitologico e sperimentale, con la scena cult -una sequenza rivoltante di sesso fetish- che ha sconvolto critica e pubblico. Protagonista è la giovanissima Manuela Vellés, al suo debutto sul grande schermo.
James Thierrèe invece, è uno degli attori protagonisti del secondo film proiettato, nonché il nipote di Charlie Chaplin. Interpreta Vincent, un sordomuto che vive facendo la “statua” per strada, come quelli che affollano la Rambla di Barcellona o Piazza della signoria a Firenze. Un personaggio che per la sua mimica ricorda da vicino proprio Charlot; un personaggio enigmatico e misterioso, che farà un incontro con una ragazza che gli cambierà la vita.

INCONTRO CON BERTOLUCCI…

Le emozioni più grandi di oggi però, sono state quelle regalate da Bertolucci, invitato alla Festa per tenere una lezione di cinema che avrebbe preceduto la visione del suo capolavoro: Novecento. Un incontro intimo e piacevole, durante il quale -per circa un’ora- il grande regista emiliano ha raccontato il suo rapporto con il cinema e la maniera di interpretarlo.
“Avevo scritto qualcosa ma…” inizia così, con una voce calda e lenta, una lezione di cinema che come lui stesso si affretta a definire lezione non è, bensì un viaggio per libere associazioni tra i ricordi della sua vita artistica e privata. Partendo da quelli che vedono un giovanissimo Bernardo prendere un tram giallo per arrivare a Parma e vedere i suoi primi film visti, a quelli del suo primo film (La comare secca) o dell’amicizia con Pasolini. Un Bertolucci a tutto tondo, che con passione dà consigli “bisogna recuperare la memoria del passato, del cinema classico in generale”, non risparmia critiche “bisognerebbe avere anche noi qualcosa di simile al National Film Theatre di Londra dove si proiettano film che hanno fatto la storia del cinema” e spiega tecnicamente cos’è un pianosequenza o quali autori sono da considerare padri del cinema.
Alle 17.15 Bertolucci abbandona (momentaneamente) la sala ricevendo una seconda standing ovation.

...E CHIACCHERATA CON DEPARDIEU

Poco dopo rientrerà con Depardieu, simpaticissimo come al solito, con il quale ha parlato del suo film probabilmente più famoso, che oltre al grande attore francese, aveva nel cast stelle del calibro di Sutherland o De Niro. E i primi ricordi sono legati proprio al differente approccio alla drammaturgia tra Depardieu e De Niro, espressioni di due approcci alla drammaturgia molto diversi tra loro: tanto spontaneo e anarchico per il primo, quanto meticoloso e perfezionista per il secondo. Di aneddoto in aneddoto si svelano sensazioni ed emozioni di 11 mesi di riprese insieme, un periodo conservato nell’impianto stesso del film, nel quale ogni stagione corrisponde ad un periodo storico (dall’estate che rappresentava l’infanzia, all’inverno che rappresentava gli anni del fascismo e la primavera il momento della liberazione). Più tardi Mario Sesti invitava a sedersi insieme a loro un “giovane ed autorevole critico cinematografico”: Walter Veltroni. “Mi innamorai subito di questo film -inizia- che mi sembrava racchiudesse in sé tanta poesia, molti riferimenti letterari, ma soprattutto la storia dell’Italia e degli italiani in maniera molto lucida vibrante <…> Il tempo, come nell’amore, rischia di consumare il sentimento, ma questo film riesce ad appassionarmi tutt’oggi”.
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