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Nel 1907 il dottor Plonk, insigne scienziato e famoso inventore, attraverso calcoli molto complicati, scopre che il Pianeta Terra è destinato alla distruzione e che, se non verranno immediatamente prese delle adeguate contromisure, la fine del mondo arriverà dopo 101 anni. Allarmato, lo scienziato si rivolge alle autorità ma in mano soltanto i suoi fogli fitti di calcoli e non ha prove di alcun genere. Così il dottor Plonk costruisce una sofisticata macchina del tempo pronta a viaggiare nel futuro. La cavia perfetta sarà il suo fedele assistente Paulus. Dopo qualche piccolo errore di calcolo e qualche incidente, finalmente la navetta parte con destinazione 2007. I calcoli dello scienziato sono esatti, ma ora bisogna convincere le autorità ad affrontare il viaggio nel tempo per vedere quanto si è trasformato il mondo. Solo l'incontro del Primo Ministro con il suo pari del futuro potrà cambiare il destino del mondo... |
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La prima domanda che viene in mente è: che diavolo sarà passato per la mente di De Heer quando ha deciso che avrebbe girato Mr. Plonk? La seconda è che senso ha nel 2007 girare un film muto, e la terza, la più importante, è chiedersi se ne sia valsa la pena.
Partendo da quest’ultima, la risposta è sì.
Ai giorni nostri, con film da un milione di euro considerati (peraltro giustamente) a basso costo e film d’animazione da centinaia di milioni di euro che si avvalgono di tecniche sempre più sofisticate, omaggiare il cinema muto è non solo un’idea di indubbia originalità, ma anche un simpatico tentativo per divertire il pubblico con qualcosa di totalmente dimenticato e/o sconosciuto. Ovviamente l’eccentrico e temerario regista olandese -sebbene si consideri australiano a tutti gli effetti- prova a rendere più digeribile la commedia muta legandola ai giorni nostri, tramite il sempre valido espediente della macchina del tempo, e non importa che questa sia semplicemente una cassa di legno con una maniglia dentro, lo scopo è quello di far ridere gli spettatori, e i mezzi devono essere quanto di più semplice possibile. I viaggi del dottor Plonk tra il 1907 e il 2008, anno in cui secondo i suoi calcoli finirà il mondo, sono mero espediente che finisce per catalizzare l’attenzione soltanto sulle smorfie dei protagonisti (cane compreso) e le loro gag demenziali, fatte di calci nel sedere, inseguimenti improbabili della polizia e disavventure di vario genere. La voglia di farci sorridere (per rispondere alla seconda domanda) è genuina e quindi al riparo da eventuali critiche, perché il regista non solo non inventa un genere, ma non cerca neanche di re-interpretarlo, semplicemente ripropone un silent-movie con la tenera speranza che ci faccia ridere come ad esempio hanno fatto nella sua giovinezza quelli di Chaplin o Buster Keaton.
Per far ciò ha sfidato anche le leggi del tempo, utilizzando un mix di nuove e vecchie tecnologie, come una vecchia macchina da presa a manovella usata per girare e altrettanti vecchi supporti (come i 20.000 piedi di pellicola inutilizzata trovati per caso nel frigorifero del suo ufficio che gli diedero l’idea di realizzare il film, risposta alla prima domanda) riuscendo così a confezionare un vero falso d’epoca.
A questo punto l’ultima domanda potrebbe essere: si divertirebbe un bambino di oggi, tutto cellulari e play station, di fronte a una commedia di questo tipo?
Sì.
(Anche se in realtà la risposta è più una speranza) |