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Recensione: On dirait que - facciamo finta che

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On dirait que - facciamo finta che
titolo originale On dirait que... (Let's Say)
nazione Francia
anno 2007
regia Françoise Maire
genere Documentario
durata 82 min.
distribuzione Lucky Red Distribuzione
sceneggiatura F. MarieC. Spodek
musiche L. Milo
fotografia G. De BatistaP. Boffety
montaggio L. Blancherie
media voti redazione
On dirait que - facciamo finta che Trama del film
"On dirait que..." e l’immaginazione si mette a funzionare. Invece di giocare ai cow boy e agli indiani, alcuni bambini di età compresa tra gli 8 e i 13 anni, figli e figlie di medici, agricoltori, poliziotti o droghieri, giocano davanti alla telecamera ad interpretare il mestiere dei genitori. Non vi è nulla di scritto e niente viene ripetuto: improvvisano seguendo i loro desideri, presentandoci così il mondo come loro lo comprendono o lo percepiscono. Storie di vita vissuta, ascoltate o "viste alla televisione"? Un tuffo nella fantasia o una riproduzione della realtà? Attraverso la loro percezione di questi mestieri, della loro difficoltà, delle loro gioie e delle loro pene, i bambini ce la dicono lunga su... noi, gli adulti!
Recensione “On dirait que - facciamo finta che ”
a cura di Glauco Almonte  (voto: 6)
Diciamo che… Facciamo che… Giochiamo a… Il gioco preferito dai bambini e quello della vita: imitare i grandi, preferibilmente i genitori, nelle loro azioni, finendo puntualmente per ricalcarne anche i comportamenti.
Françoise Marie filma, senza intervenire in alcun modo, dei gruppi di bambini che organizzano e poi mettono in atto il loro gioco tra finzione e realtà; a queste parti, preponderanti, intreccia le interviste agli stessi ragazzi a proposito del lavoro dei loro genitori e di quel che vorrebbero fare in futuro. Il primo episodio, nella campagna de Limousin, è affascinante, rapisce immediatamente lo spettatore che si sente subito parte del gioco; la scena dell’esercizio per far nascere un vitello è di una leggerezza e di una poeticità che non si ricorda nel cinema degli ultimi anni. Ma non basta: può sembrare banale dirlo, un bel gioco dura poco. Allevatori, dottori, gendarmi, negozianti, insegnanti, ristoratori, circensi: ogni episodio ripete quello precedente, la sorpresa – se di sorpresa si può parlare – nel rendersi conto di quanto i bambini capiscano la realtà nella sua semplicità, quello che i grandi tendono invece a complicare, è svanita al secondo, o al massimo al terzo dei sette episodi.
Il gioco che lega ognuno di questi gruppetti è il seguente: mettere in ordine, in base all’utilità, i sette mestieri di cui si parla; lo scopo è far sì che la società funzioni bene.
Nell’impossibilità di consegnare il mondo ai bambini e di farlo amministrare a loro (tant’è che alcuni di loro giungono alla conclusione che i mestieri sono tutti ugualmente importanti), “On dirait que…” rimane un gioco meno divertente e meno utile di quello che rappresenta. Quando alla fine “si dice che… per oggi basta così”, il pensiero dello spettatore è che per domani non si inizierà nemmeno a giocare. Quello del giocatore è impossibile a dirsi, probabilmente è andato a letto, stanco, dopo la prima ora di gioco.
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