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Ernesto, un affermato pittore, apprende che vogliono fare santa sua madre. Tenuto all'oscuro di tutto dalla sua famiglia, è particolarmente colpito perché la vicenda contrasta con il suo mondo di artista e di uomo libero e ateo. Le iniziative affinché partecipi al processo di beatificazione si fanno sempre più pressanti, mentre il ricordo della madre apre una voragine che lo spinge a rielaborare il passato e a vivere diversamente il presente. |
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Tutto il cinema dell'autore de "I pugni in tasca", si è costruito sulla dissoluzione della famiglia e dei principi borghesi: in "L’ora di religione", si racconta di un ateo che non rinuncia alla propria libertà di pensiero, malgrado sia in atto il processo di beatificazione di sua madre uccisa da un fratello bestemmiatore.
Bellocchio è dunque ritornato al cinema che meglio gli riesce. Quello del presente, quello degli affetti e della sopraffazione. Un "dialogo" fra arte ed istituzione. Una ribellione diversa da quella contro la religione e la famiglia di Alex, il protagonista del suo film di esordio del 1965, sfociata nella violenza e nella follia che anticiperanno il fallimento del sessantotto. Trentasette anni dopo, per Ernesto si tratta di una rivoluzione di pensiero, una realizzazione della propria identità, una possibilità di trasformazione e di ricerca.
La luce emerge dal conflitto del pensiero con se stesso, dal dubbio. Chiedersi se il proprio figlio deve frequentare l'ora di religione o no, significa porsi il problema delle condizioni del pensiero, della libertà. Non è un caso che il film inizi proprio con le immagini di quel figlio che cerca di liberarsi della presenza di Dio perché la su onnipresenza mette in discussione la sua libertà.
Sergio Castellitto dà una grande prova di attore e non si abbandona mai alle rappresentazioni dello "sconfitto"; la bellezza del dubbio deve restare viva. Poco importa se la ragazza di cui si innamora non è l'insegnante di religione del figlio che sembrava essere. Il mondo dei sentimenti e delle emozioni non tradisce: in questo contesto si gioca sempre a carte scoperte e se qualcuno bara si porta fuori dal gioco.
Quella di Bellocchio è la ricerca di un'immagine che abbia una sua profondità e ricchezza di senso; così sono proprio le immagini a condurci in territori dove la chiarezza della realtà lascia il posto ai contorni indefiniti della percezione inconscia; come nella surreale sequenza dove Ernesto incontra il fantomatico Conte Bulla che lo sfiderà a duello per un sorriso. Il sorriso del protagonista è la realtà di chi vuole continuare a pensare e a capire, è la vitalità di chi non vuole rinunciare al rapporto con gli altri; è il sorriso finale di Ernesto che accompagna il figlio a scuola il giorno dell'udienza dal Papa. La sua è una ribellione possibile.
Premio della Giuria Ecumenica al Festival di Cannes (2002). David di Donatello 2003 per la miglior attrice non protagonista a Piera Degli Esposti. Candidato ai Nastri d’Argento 2002 per il miglior regista, miglior soggetto, migliore sceneggiatura, miglior attore (Sergio Castellitto), migliore attrice non protagonista (Piera Degli Esposti), miglior attore non protagonista (Toni Bertorelli). |
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