Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Recensione: Un mondo di marionette

Leggi i commenti 1 COMMENTO Vota il film 2 VOTI Invia questa pagina via e-mail a chi vuoi tu Stampa questa pagina
Un mondo di marionette
titolo originale Aus dem leben der marionetten
nazione Germania
anno 1980
regia Ingmar Bergman
genere Drammatico
durata 85 min.
distribuzione San Paolo
cast R. Atzorn (Peter Egerman) • C. Buchegger (Katarina Egerman) • M. Benzath (Mogens Jensen)
sceneggiatura I. Bergman
musiche R. Wiljeim
fotografia S. Nykvist
montaggio P. Oelffen
media voti redazione
Un mondo di marionette Trama del film
Peter Egermann è un professionista affermato, ha una bella consorte, è circondato dal benessere. Proprio per questo appare ancor più immotivato e assurdo il delitto di cui si rende protagonista: lo stupro e lo strangolamento di una prostituta, che lo conduce all'internamento in un manicomio criminale. Un atto di cui nessuno (il magistrato, lo psichiatra, la moglie, la madre) è in grado di elaborare una spiegazione plausibile.
Recensione “Un mondo di marionette”
a cura di Vaniel Maestosi  (voto: 7)
Un mondo di marionette conclude (1980) la parentesi tedesca di Bergman. In questo film - uno dei più cari all’autore e, ovviamente, uno dei meno apprezzati dalla critica – Bergman subisce il fascino della Nuova filmografia tedesca, la cui vetta s’incarna nell’opera di R. W. Fassbinder. L’influenza è in primis al livello iconico, d’immagini, con il bianco e nero acceso, spiazzante, livido (il film è in bianco e nero tranne la sequenza iniziale e quella finale). Ma anche l’ambientazione della vicenda in locali squallidi, la presenza del mondo della prostituzione, e un’alienazione estrema dei rapporti umani raffigurati (marionette, appunto), sembrano alludere alle radicali derive umane dei film fassbinderiani.
Il filma narra la storia di una follia, di un uomo distrutto dal non-senso, e dalla psicosi. L’excursus che porta Peter Egerman, un normale alto-borghese tedesco, a commettere un ferale assassinio, è raccontato da Bergman secondo le modalità della ricerca, dell’ispezione criminologica investigativa: il film è diviso in “capitoli”, ognuno annunciato da una didascalia, e il succedersi dei capitoli non segue l’evoluzione temporale della vicenda ma procede per sbalzi in avanti e indietro nella temporalità della fabula, per es. Venti ore dopo l’assassinio lo psichiatra... , Due ore prima... , tre settimane dopo etc. (trent’anni dopo Rapina a mano armata di Kubrick e quindici anni prima di Pulp fiction di Tarantino).
Il film è una sorta di diagnosi corale della vicenda di questo ricco borghese, benvoluto da tutti, figlio di una grande attrice di teatro, che comincia a manifestare sintomi di depressione e di “azzeramento” emozionale. Il rapporto con la moglie è un rapporto “aperto”, con avventure extraconiugali raccontate dai rispettivi coniugi al compagno. Peter dichiara, allo psichiatra Mogens Jensen – che è l’amante più assiduo della moglie, e amico di Peter -, di essere felice di questo rapporto, soprattutto dal punto di vista sessuale. Ma da un periodo è ossessionato da desideri omicidi nei confronti della moglie, e attribuisce questi deliri, ad una disfunzione ormonale. “Persone come te – gli risponde lo psichiatra – non credono all’esistenza dell’anima. Quindi non capisco la tua visita.” Credendo che Peter sia uscito, lo psichiatra chiama al telefono la moglie di Peter, Katarina, e la invita ad andarlo a trovare. Ella arriva, e decide di non concedersi, di non fare l’amore, perché ama oramai solo Peter. Quest’ultimo – che ha assistito alla dichiarazione d’amore della moglie – rimane assolutamente indifferente, spento. La sensazione di un totale vuoto spirituale e mentale, di una stanchezza assoluta, muove la disperazione (nell’etimo: dis-speranza) di tutta l’investigazione filmica di Un mondo di marionette. Anzi, la freddezza della “forma” narratologica (l’investigazione criminal-psichiatrica) acuisce il senso di tetra, desertica, assenza di luce, di desiderio, che dilania questo mondo di benestanti malesseri. E’ il film della morte del desiderio, questo di Bergman, uno dei suoi più duri e radicali.
La macchina investigativa cinematografica passa dalle testimonianze post-assasinio della egoista e fatua madre di Peter, alle sue (del protagonista) ultime manie di suicidio, a reperti psichiatrici, alla frequentazione della prostituta nel porno club. L’uccisione di quest’ultima, avviene senza un senso plausibile, perché capita così, ex abrupto, in un momento di tenerezza tra i due, in una sorta di invasata violenza automatica..
Ma non c’è spazio per la tenerezza, o per qualsiasi si altra forma di comunicazione in un ambiente mentale – quello del mondo di marionette – che razionalizza anche l’amore di coppia, razionalizza, organizza anche il proibito, la trasgressione del tradimento: la coppia aperta, i locali porno dove si vende l’eros, o il suo morto simulacro.
Dopo una lunga lettura – da parte dello psichiatra Jansen – del quadro clinico che spiega i nodi psichici che hanno fatto esplodere nell’atto omicida Peter, il film si chiude come era iniziato, con una sequenza a colori che ritrae Peter in carcere mettere ossessivamente a posto il lettino e rifiuta ogni aiuto.
Mettere ossessivamente a posto: è la noia petulante delle società “avanzate”.
Si finisce come s’inizia... il principio era la fine... Bergman e i circoli viziosi.
Commenti del pubblico







Ultimi commenti e voti
Utente di Base (30 Commenti, 53% gradimento) franz29 3 Ottobre 2012 ore 19:58
voto al film:   8

disincantata e lucida analisi del crimine della borghesia in quanto tale. una resa cinematografica della televisione, un livido meccanismo di riproduzione della realtà.
ottimo bergman
Medaglia di Bronzo (76 Commenti, 30% gradimento) Pierrot Medaglia di Bronzo 4 Luglio 2011 ore 21:17
voto al film:   8,5

Ultime Schede
Dopo la prova
Fanny e Alexander
Un mondo di marionette
Sussurri e grida
Il rito
Persona
Il silenzio
Luci d'inverno
Come in uno specchio
La fontana della vergine
Il volto
Il posto delle fragole
Il Settimo Sigillo
Monica e il desiderio
Un'estate d'amore
Verso la gioia
Ingmar Bergman
E' morto a 89 anni il grande regista svedese
Ingmar Bergman
Leggi l'intervista a Ingmar Bergman per “I suoi film