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Johnny Clay, da poco uscito dal carcere, organizza un colpo da 2 milioni di dollari all’ippodromo: la rapina riesce, ma al momento della divisione del bottino i suoi complici vengono uccisi perché uno di loro non aveva mantenuto segreto il piano. Johnny si trova così in possesso dell’intero malloppo, ma proprio all’ultimo istante la fortuna gli volta le spalle. |
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Il terzo lungometraggio di Stanley Kubrick, tratto dal romanzo di Lionel White “Clean Break”, è una gangster story atipica: tanto la trama quanto il fallimento finale rientrano in pieno nello schema classico del genere, quello che contrasta con la tradizione è il modo in cui viene raccontata. È assente uno dei topoi più diffusi, quello del reclutamento, funzionale alla presentazione dei personaggi; la banda è già formata, ed il piano già organizzato, così i diversi membri del gruppo ‘nascono’ agli occhi dello spettatore solo in funzione della rapina: ogni particolare della loro vita privata, compreso il drammatico rapporto tra George e la moglie Sherry, emerge solo mentre accompagna i preparativi del colpo o vi interferisce. Ciò nonostante le poche azioni finalizzate alla rapina bastano per rivelare il carattere d’ognuno di quei criminali semi-improvvisati che Johnny, ma sarebbe lo stesso dire Kubrick, inserisce nello studiatissimo meccanismo (“ognuno ha l’importanza del frammento di un mosaico”, dice la voce fuori campo) che dovrebbe cambiar loro la vita. A questo proposito è emblematico l’incontro con Boris nel circolo degli scacchi: ognuno è una pedina del gioco condotto da Johnny ma del quale anche lui sarà vittima; un anno più tardi Kubrick ribadirà il concetto in Orizzonti di gloria.
Altro elemento di forte rottura col passato è la mancanza di suspense: fin da subito è noto allo spettatore che la moglie di George li tradirà, ed una funzione non meno premonitrice ricoprono l’entrata in scena del cagnolino che ostacolerà la fuga di Johnny e la valigia contenente il denaro che non riesce a chiudere a chiave.
Ciò che colpisce maggiormente è però la scansione temporale del racconto: i membri della banda vengono introdotti riavvolgendo il filo degli eventi, mentre il giorno della rapina viene narrato più volte, seguendo ogni personaggio dal mattino fino alla conclusione del colpo; la ripetizione identica di alcune scene, e comunque la stessa frase pronunciata dall’altoparlante, sono un espediente per stabilire un punto di contatto tra tutti i fili narrativi srotolati.
Pienamente a suo agio in una parte che conosce bene, Sterling Hayden interpreta nella stessa maniera il ruolo che aveva già ricoperto pochi anni prima in Giungla d’asfalto, di John Huston, salvo prendere coscienza della sconfitta nel finale, anch’esso hustoniano. Il suo personaggio non è però l’unico epicentro della storia: accanto a lui si sviluppa quella del suo opposto, George Patty, un impiegato pauroso, alla prima esperienza col crimine, soggiogato da una moglie che lo disprezza; la contrapposizione tra i due raggiunge il culmine nella sconfitta: alla rassegnazione di Johnny che chiude il film fa da contraltare la fine fortemente drammatica di George, che vendica i suoi compagni (ed anni di umiliazioni) prima di morire. Una morte cui Kubrick, che pure si diverte giocando sia nell’uccidere Nicky, il cecchino, che nel fermare Johnny a un passo dal successo, dedica l’unico primo piano stretto di tutto il film, che si chiude nell’istante che precede l’arresto di Johnny, mentre un vortice milionario fa svanire il suo sogno. |
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Commenti del pubblico |
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News sul film “Rapina a mano armata” |
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Kubrick in lingua originale allo Spazio Oberdan ( 4 Dicembre 2014)
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Kubrick al Palazzo delle Esposizioni (18 Settembre 2007)
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Colour him Kubrick: parenti serpenti? ( 3 Novembre 2006)
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