Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Siviglia 2007 5/11: In concorso di scena il cinema "di margine"

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a cura di Riccardo Rizzo
Il regista portoghese Luis Filipe Rocha ha presentato questa mattina il suo ultimo film A outra margem, una pellicola audace che vede come protagonisti un travestito e un bambino affetto da sindrome di down, una storia d’amore impossibile tra due persone “anormali” che nel loro legame trovano la loro “normalità”. Una sceneggiatura non convenzionale e coraggiosa, che trova nella voglia di superare barriere troppo spesso alzate per paura della diversità il suo lato più convincente. E contemporaneamente più difficile da accetare. “Un film concepito per gli attori, con Tomas Almeida -che interpreta il giovane- che realmente ha dei disordini linguistici che gli rendono difficile pronunciare certe parole, e con il quale è stato bellissimo lavorare”.
Nella stessa mattinata, sempre ai giornalisti presenti nel Teatro Lope de Vega, è stato presentato il film di Sam Garbarsky, Irina Palm. Il regista tedesco narra la triste situazione di una donna matura costretta a lavorare in un club erotico per necessità: sotto la falsa identità di Irina infatti, si celano la compassione e il dolore di Maggie, alla ricerca dei soldi che possano pagare l’operazione a suo nipote. “Un film che abbraccia un tema difficile da affrontare, ma che mostra come in ogni tragedia si possa vedere anche un lato comico”. Con la tragedia che riflette la propria comicità nel “comportamento disinvolto e innocente della donna, che vede il suo lavoro come un lavoro che raggiunge l’obiettivo prefissato: trovare i soldi di cui si ha bisogno”.
Nel pomeriggio il terzo film in concorso ad essere stato proiettato è firmato Andrej Zvyagintsev, al suo secondo lungometraggio. Dopo l’acclamato Il ritorno, vincitore del Leone d’Oro di Venezia, il regista russo si conferma espressione di un cinema metaforico, ai limiti del minimalismo. La fotografia oscura e patinata, le geometrie perfette di quadri-immagini, le ombre caravaggesche creano un’atmosfera rarefatta e opprimente nella quale si muovono anime in pena, che vivono -e soffrono- emozioni mai espolose, quasi nascoste. Un lungometraggio che come afferma il direttore della fotografia Mijail Krichman, ha visto "la meticolosa preparazione di ogni singola scena, spesso caratterizzate dal silenzio e dalla voglia di nascondere le cose, anziché mostrarle”, divenendo una sorta di quadro astratto da apprezzare per la sua estetica. Espressione di un nuovo cinema russo, “che per forza di cose ha dovuto cercare altre strade e rinascere dopo la caduta del comunismo”.