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Tel-Aviv, oggi. Al suo matrimonio Keren si rompe una gamba, e la luna di miele ai Caraibi salta. Una strana ragazzina venuta fuori dal mare segue Batya come un'ombra, fino a cambiarle la vita. Joy è una cameriera venuta dalla Filippine; lavora per una vecchia signora severa e inaspettatamente riesce a riconciliarla con la figlia. Un film composito, con tanti squarci di umanità come tanti messaggi in bottiglia, uniti dalla cifra dell'assurdo. Un ritratto del mondo di oggi, dove ognuno tenta di cavarsela come può. |
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Una badante filippina lontana da suo figlio, una cameriera triste cacciata dal lavoro, una coppia di sposi che non può andare in viaggio di nozze, un’attrice che non sopporta la madre, una bambina misteriosa che esce dal mare e non parla…
Piccole storie di solitudini in una Tel Aviv senza bombe e senza tempo, indefinita, semplice tela sulla quale si disegnano in maniera surreale esistenze sofferte: personaggi che si muovono in luoghi iconici, come una spiaggia, un hotel o un teatro senza identità.
L’incomunicabilità tra gli uomini viene raccontata al di fuori di qualsiasi canone narrativo, e alle parole si sostituiscono sguardi, abbracci o silenzi, quasi ad ammettere la totale rassegnazione a una vita senza significato, dove la comunicazione non riesce mai a raggiungere il cuore degli altri; simbolicamente, è il mare, l’acqua, ad unire tutti i personaggi, come a rappresentarne l’inconscio, le paure, o il luogo nel quale rifugiarsi.
Eppure, in questo contesto deprimente, le storie racchiudono una dolcezza surreale e divertente, che danno al racconto un tono quasi fiabesco, piacevole da seguire, dove realismo e surrealismo si alternano continuamente, la vita e la morte si sfumano l’una nell’altra e i sorrisi giocano con le lacrime…
Caméra d’Or al Festival di Cannes 2007. |