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Un ufficiale russo di stanza in Cecenia riceve la visita della nonna Alexandra, dallo spirito libero e dalla franchezza sconvolgente. L'arrivo della donna porta scompiglio nel campo militare e quando si reca nel villaggio vicino per fare la spesa, il contatto con gli abitanti del luogo la rendono consapevole del fatto che le differenze tra russi e ceceni non sono così evidenti da giustificare un conflitto. |
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Aleksandr Sokurov, figlio di un militare e secondo alcuni erede del grande Andrej Tarkovskij, si è sempre dedicato a un cinema di elite, flemmatico e complesso. Dei suoi film rimangono impresse soprattutto delle splendide immagini e dei volti umani consumati.
Dopo aver chiuso la splendida trilogia del potere (“Moloch”, “Toro” e “Il sole”), incentrata su figure storicamente fondamentali come Hitler, Lenin e Hiroito, Sokurov ha deciso di dedicarsi a una semplice figura femminile: Alexandra Nikolova, interpretata magnificamente dall'ex cantante lirica Galina Vishnevskay, è un'anziana e altera signora russa, nonna di un giovane impegnato in un campo militare alle porte di Grozny. La solitudine la spinge ad andare a trovare il nipote e dunque a passare qualche giorno con i militari. Sullo sfondo c’è il lunghissimo e cruento conflitto russo-ceceno, che però, per una scelta ‘etica’ del regista, non viene mostrato, se non di riflesso; addirittura la parola Cecenia non si sente mai in tutto il film, così come non si vede mai un'arma sparare. La donna, vecchia quanto dolce, vive con particolare sofferenza l'occupazione dei suoi compatrioti e una guerra alla quale non riesce a trovare un senso. La sua permanenza tra i militari e la conoscenza di alcune persone delle vicine cittadine la segneranno profondamente.
La scelta cromatica - orientata sul color seppia - rende la pellicola piena di drammaticità e svuota il mondo e l'umanità del senso di giustizia. L'opera del regista russo non è, tuttavia, catalogabile né come un film di guerra né come un film politico. Uccisioni e massacri non sono indispensabili secondo Sokurov per riuscire a percepire sofferenza e la scempiaggine dell'uomo, ma la sua scelta non sembra pagare quanto ci si potesse aspettare.
Resta, di bello, lo struggente sguardo di Alexandra, che porta in sé il peso inesorabile della vita e del tempo che passa. |
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