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In concorso all'ultimo "Festival di Cannes", "Valzer con Bashir" esce nelle sale italiane il primo weekend dopo le feste di Natale; distribuito dalla Lucky Red, nonostante la gran richiesta esce in 21 copie soltanto, con la speranza di incrementarne il numero dopo l'annuncio delle nominations agli Oscar. A Roma in conferenza stampa si presenta un Ari Folman quasi afono (e meno somigliante a Edward Norton rispetto alla sua versione animata), ma non rinuncia a dare risposte lunghe ed esaurienti. |
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Quale successo di pubblico e critica ha avuto in Israele? |
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Il film è stato accolto molto bene in Israele, c’è stata una reazione molto positiva. Ci sono dei motivi per cui è andato meglio di “Lemon Tree”, ad esempio: l’establishment divide le persone in due gruppi, quelli che sono “uno di noi” e quelli che sono “diversi”. Il fatto di essere stato un soldato e di aver combattuto mi rende “uno di loro”. Israele è un paese molto tollerante per quanto riguarda gli intellettuali, gli artisti, e ha sostenuto questo film perché si vede per la prima volta che i soldati israeliani non hanno praticamente partecipato a quel massacro. Si capisce che il governo, la leadership sapeva quel che stava succedendo, ma i soldati isaraeliani no.
Un altro motivo per cui è stato accolto bene è che ho raccontato la storia soltanto dal nostro punto di vista; qualcuno mi ha criticato per questo, però io, in quanto israeliano, ex combattente, potevo soltanto raccontare la storia dalla mia parte. Sarebbe stato presuntuoso, ipocrita raccontare l’altra versione dei fatti, spetterà agli altri farlo. |
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Cosa pensa a proposito della situazione attuale? |
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Quando è scoppiata la seconda guerra in Libano, nell’estate del 2006, noi stavamo lavorando al completamento di questo film; molti mi hanno chiesto se non mi dispiacesse che il film non fosse pronto, se fosse uscito in quel momento sarebbe stato molto attuale. Ho detto a tutti: “purtroppo, visti i governanti che abbiamo, questo film continuerà ad essere sempre attuale”, e purtroppo avevo ragione. A mio avviso tutto il mondo si divide in due parti: ci sono coloro che sostengono assolutamente la non violenza e coloro che sono a favore dell’uso della violenza; purtroppo in molte parti del mondo questi ultimi sono la maggioranza e queste persone troveranno sempre una giustificazione, che sia ideologica, che sia religiosa, che sia di razza, che sia difendere un pezzo di terra per ricorrere alla violenza. A mio avviso bisogna sempre fare tutto per prevenire, e non è stato fatto nulla di serio da entrambe le parti per evitare e per fermare questa guerra, e si è ricorso alla fine alla soluzione più semplice, il bombardamento. Io sono critico verso il nostro governo, ma sono critico anche verso l’altra parte. Nei nostri governanti c’è un’assoluta mancanza di pietà, di rispetto per quella che è la vita umana degli altri: loro giocano alla guerra come io gioco una partita a scacchi. |
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Perché ha scelto di non arrivare fino alla fine con l’animazione, usando immagini reali? |
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Quella di mettere immagini reali negli ultimi 15 secondi è stata una decisione artistica che ho preso fin dall’inizio: volevo evitare che anche una sola persona, in qualunque paese del mondo, uscendo dal cinema dicesse “bel film di animazione, bella musica, bei disegni” e basta, pensando che fosse soltanto questo; invece questi 15 secondi di immagini reali contestualizzano il film, lo mettono nella giusta prospettiva. Più di 3000 persone, soprattutto bambini, donne, anziani, persone senza alcuna difesa sono state massacrate: questo è successo veramente e voglio che le persone lo sappiano; se anche un paio di persone, nel mondo, uscendo dal cinema, avranno voglia di andare su Google e cercare di capire che cosa è successo veramente, sicuramente avrò fatto il mio mestiere. |
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Nei ringraziamenti si leggono Bob Dylan e Steven Gerrard… |
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Mi piace, nelle mie opere, ringraziare le persone che mi hanno ispirato. Avrei voluto concludere il film con la canzone di Bob Dylan “Master of war”, che riassume veramente il film; poi ho pensato che sarebbe stato forse eccessivo, già il film dice tutto.
Per quanto riguarda Steven Gerrard io, tifoso del Liverpool, penso sia il più grande calciatore di tutti i tempi, sarei pronto a giurarlo in tribunale… Sono stato anche ad Istanbul nel 2005 a vedere la finale, c’è voluto un anno per riprendermi da quella partita… sicuramente lui per me è fonte di ispirazione e quindi l’ho voluto ringraziare.
La rissa dell’altro giorno? Lo rende umano… |
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Crede che la presidenza Obama possa portare un nuovo corso nei rapporti tra Israele e Palestina? |
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Sì, parlando a titolo personale io ritengo che tutto ciò che riguarda la storia di Obama abbia dell’incredibile: se 20 anni fa avessimo detto a qualsiasi cittadino americano che avrebbe avuto un presidente di colore ci avrebbe sicuramente riso dietro. La sua intera storia, tutta la sua vita rappresenta una rivoluzione, qualcosa di enorme, non soltanto perché non si può nemmeno lontanamente paragonare a chi l’ha preceduto… Lui va al di là delle razze, è una persona estremamente intelligente e tutti, nel mondo, riponiamo grandissime speranze in lui; sappiamo che anche lui è un essere umano con i suoi difetti, ma questo ce lo fa piacere ancora di più. |
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Il film è molto personale, aveva bisogno di elaborare un trauma attraverso la realizzazione di questo film? C’è una differenza tra il Folman di ieri e quello di oggi? |
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Vi racconto un po’ come è iniziata: in Israele noi siamo riservisti fino ai 50 anni, ogni anno per qualche settimana devi prestare servizio. Quello che facevo io era semplicemente scrivere delle stupidissime sceneggiature per storie tipo “come difendersi dalle armi nucleari iraniane”… Volevo essere esonerato a 40 anni perché non ne potevo più e mi hanno detto di vedere uno psicoterapeuta per stabilire se ci fossero i presupposti; parlando con questo psicoterapeuta mi sono accorto che per la prima volta stavo raccontando la mia storia di soldato nei dettagli a una persona: c’erano dei buchi in quello che ricordavo, e in quella maniera sono riuscito a tirare fuori alcune cose. Allora ho deciso di fare tutto questo attraverso un film perché non ho mai creduto nella psicoterapia; credo che farlo attraverso un film sia un procedimento molto più dinamico: con la psicoterapia sei seduto, parli e ascolti te stesso, qui invece vai in giro, viaggi, intervisti le persone, registri, giri, cancelli, scrivi delle nuove sceneggiature e via dicendo… E’ più dinamico e più efficace che vedere un terapista due volte a settimana.
Personalmente credo che ogni film, per un regista, serva un po’ a chiudere il cerchio di quella che è la sua storia e questo ha fatto sì che questo film fosse così personale.
Se 5 anni fa mi avessero fatto vedere la mia foto di soldato diciannovenne avrei riconosciuto me stesso fisicamente, ma non mi sarei riconosciuto perché ancora provavo troppa rabbia, ero ancora scollegato da quel ragazzo che ero stato; oggi invece meno, attraverso la realizzazione di questo film sono tornato in pace con me stesso, riesco a rivedermi e a riconoscermi in quel ragazzo; da questo punto di vista è stato un viaggio molto personale. |
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Sulla colonna sonora: accanto a canzoni aderenti alla storia usa anche musiche fuori contesto quali una ninna-nanna di Bach. Come mai? |
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Mentre scrivevo la sceneggiatura ascoltavo quasi ossessivamente questo compositore inglese, una musica molto deprimente, molto malinconica, sicuramente adatta all’atmosfera che mi serviva, una musica che combinava elementi classici con elementi elettronici. Ho pensato che fosse adatto anche a scrivere la colonna sonora del film: l’ho cercato su Google, si chiama Max Richter, l’ho trovato e gli ho scritto e ha accettato di comporre la musica di questo film. La musica era pronta molto prima dell’animazione, anche perché volevo che gli animatori potessero ascoltare la musica mentre lavoravano per calarsi nell’atmosfera del film.
Per quel che riguarda i miei gusti personali ascolto molta musica classica e un po’ di free jazz: nella mia famiglia abbiamo sempre ascoltato musica classica ma mai Bach, chi i miei genitori ritenevano troppo tecnico; da grande, per riflesso, ho sviluppato una specie di ossessione e ancora litigo con mia madre a proposito... Ho scelto questo pezzo per mostrare la contraddizione che c’è tra la musica e la guerra, è un tema ricorrente che ritorna tre volte, ma ci sono anche elaborazioni elettroniche di pezzi classici di Schubert e di Chopin. |
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