Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Intervista: Martin Zandvliet

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Dopo la presentazione al Festival di Roma, arriva nelle sale italiane il terzo lungometraggio di fiction del documentarista danese Martin Zandvliet. "Land of mine - Sotto la sabbia" è basato su fatti realmente accaduti alla fine della seconda guerra mondiale. Il cast, composto quasi interamente da giovanissimi attori, vede come protagonista Roland Møller. Il regista racconta alla stampa il lavoro per rendere credibile, e non sterotipati i protagonisti del suo film.
Intervista Martin Zandvliet: Domanda 1Il film è basato su fatti realmente accaduti?
La mia intenzione era quella di rivelare un episodio basato su un atto storico che fa ancora vergognare particolarmente la Danimarca. Molti storici finora hanno evitato l'argomento, comprensibilmente forse. Non volevo assegnare colpe o puntare il dito; mi sembrava interessante fare un film che non guardasse i tedeschi sempre come mostri. È la storia di un camion militare pieno di giovani ragazzi tedeschi, che sono stati sacrificati nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale. Tuttavia, in fin dei conti, è davvero solo un film sugli esseri umani. Ti porta in un viaggio che va dall'odio al perdono. La mia intenzione era quella di creare una storia rilevante e lasciare che il pubblico sperimentasse la potenza della paura, la speranza, i sogni, le amicizie e la lotta per la sopravvivenza, attraverso questo gruppo di personaggi.
Intervista Martin Zandvliet: Domanda 2Cosa pensa riguardo alla scelta fatta dalla Danimarca riguardo ai prigionieri di guerra tedeschi?
L'offerta inglese di prigionieri di guerra tedeschi per le operazioni di sminamento mise il governo danese davanti a un dilemma politico. Rifiutare l'offerta sarebbe stata una decisione molto impopolare sia agli occhi del pubblico danese che delle nazioni alleate circostanti. La Danimarca come nazione aveva ancora una brutta reputazione dopo la guerra. E gli inglesi erano gli eroi assoluti - i liberatori della Danimarca. Tuttavia, costringendo i giovani prigionieri di guerra tedeschi a sminare la costa danese, si potrebbe sostenere che la Danimarca abbia commesso un crimine di guerra.
Intervista Martin Zandvliet: Domanda 3La scenografia è un elemento chiave del film...
Ho voluto che questo dramma realistico fosse girato in un universo fantastico, idilliaco, contaminato solo da bunker di cemento grezzo e dalle detonazioni quotidiane delle mine. L'estate, la sabbia, le une, il clima caldo e l'acqua erano un richiamo costante alla vita idilliaca che c’era una volta, e la vita che sarebbe ancora una volta risorta dalle ceneri. Insieme alle migliaia di mine, le esplosioni, la morte e il dolore, tutti questi elementi ci portano nel pieno delle conseguenze della guerra.
Intervista Martin Zandvliet: Domanda 4Come avete lavorato sull'aspetto formale del film?
Io e mia moglie Camilla Hjelm Knudsen, direttore della fotografia, siamo stati pesantemente influenzati dal look dei film degli anni '60. Si trattava di creare il giusto mix di poesia e di tenebre. Il set doveva essere il più bello possibile, per far fronte all'orrore che si stava svolgendo sullo schermo. La maggior parte del film si svolge di giorno, in contrasto con l’oscurità mostrata attraverso i nostri personaggi. Mi sono ispirato a gente come David e Albert Maysels. Il modo in cui i fratelli Maysels hanno filmato i loro soggetti era così vulnerabile e sensuale che non si poteva non percepire la presenza dei loro personaggi. È una cosa bella e rara, quando ciò accade. E questo accade solo quando si diventa un tutt’uno congli esseri umani che si sta guardando e si entra totalmente nel sentimento della scena.
Intervista Martin Zandvliet: Domanda 5Qual era la sua preoccupazione maggiore mentre girava?
L'idea era quella di creare un senso di vita. Non volevo che la telecamera attirasse l’attenzione sui personaggi, ma volevo che fosse lo spettatore ad essere sempre in grado di seguire gli attori. I personaggi mi hanno sempre interessato più della trama. Siamo stati fortunati ad avere direttori di casting incredibili, che ci hanno aiutato a evitare gli stereotipi in un certo senso. Abbiamo provinato tutti i ragazzi per tutti i ruoli - nessuno sapeva quale ruolo avrebbe avuto e chi fosse stato selezionato per cosa. Ho scelto quelli che ho ritenuto fossero più naturali per i ruoli. Questi ragazzi sono alle prime armi, dilettanti, se così si può dire. La cosa bella è che è possibile modellarli e plasmarli in quello di cui si ha bisogno, incanalare le loro prestazioni in ciò che si sta cercando. Questo è avvenuto anche per il ruolo principale, non a caso è il primo ruolo da protagonista di Roland in un film.
Intervista Martin Zandvliet: Domanda 6Cosa ha voluto mettere in luce di questa vicenda?
Consuetudine generale tra i registi è che gli attori debbano essere belli, nel senso in cui la bellezza voglia dire non avere difetti. Ma ho sempre pensato che ogni essere umano sia più interessante quanto più sia possibile vedere la sua storia. È utile conoscere le angosce di qualcuno, vedere le sue cicatrici e sentire i suoi demoni. Non volevo soltanto mostrare i lati brutti, ma credo che la bruttezza dica più di ogni altra cosa su chi siamo come esseri umani. È un film molto umano che esplora non solo la bellezza delle tenebre, ma cerca anche di scoprire chi erano questi ragazzi tedeschi. Condividiamo le loro speranze e preghiamo per la loro sopravvivenza attraverso questo incubo. Dobbiamo credere ancora che possono diventare degli esseri umani, anche se disapproviamo il regime violento di cui facevano parte. In un certo senso ci poniamo la domanda: “È possibile provare simpatia per le persone che rappresentano il terrore del regime nazista?".
Intervista Martin Zandvliet: Domanda 7Quale risposta si è dato per questa domanda?
Si dice che un grande dramma dipenda in gran parte dall'entità del cattivo. Per quanto mi riguarda, è l'uomo che li costringe alla morte, è l’uomo il vero referente del film e dell'odio. Insieme ai ragazzi, seguiamo quindi il loro custode, il sergente Carl. Per Carl, i mostri si trasformano in esseri umani. Per me, “Land of Mine” racconta una storia importante e umana. Una storia per lo più sconosciuta alla maggior parte dei danesi. È stata tenuta nascosta. Appositamente dimenticata. Repressa. È un film sulla vendetta e sul perdono. Su un gruppo di ragazzi costretti a fare penitenza per conto di un'intera nazione.
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Land of Mine - Sotto la sabbia
di Martin Zandvliet
Guerra, 2015
100 min.
Film diretti:
2015  Land of Mine - Sotto la sabbia
Festival di Roma 2015
Festa del Cinema di Roma, dal 16 al 24 ottobre