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Arriva nelle sale italiane il quarto lungometraggio da regista di Alexandra Leclère, qui anche nella veste di sceneggiatrice. Il soggetto del film, una commedia che tocca però il tema sensibile dell'accoglienza, è stato scritto ben sette anni fa ma si adatta bene all'attuale situazione europea. La regista parla alla stampa della scrittura e realizzazione di “Benvenuti... ma non troppo”. |
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Da dove viene l’idea di realizzare un film su questo soggetto in particolare? |
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L’idea mi è venuta sette anni fa, con sempre la stessa idea che attraversa i miei film: quella di un piccolo impegno imposto ai personaggi. L’obbligo alla solidarietà. Avevo scritto una primo soggetto di una decina di pagine, che ho sottoposto a un produttore ricevendo come risposta: "Lascia perdere, nessuno ci crederà mai, è impossibile che sia prodotta una cosa del genere!". Quindi ho abbandonato questo progetto per qualche anno, il tempo che ho usato per realizzare un altro film “Maman”, convincendomi del fatto che non era la pellicola per me… |
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E perché questo? |
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Per due ragioni. La prima era la reticenza che sentivo intorno a me quando ne parlavo. La seconda, perché c’erano tanti personaggi in questa storia, io che amo tanto le opere che si svolgono in un unico spazio, e perché mi allontanavo dei miei soggetti preferiti, cioè la famiglia e la coppia. Ma dopo “Maman”, avevo voglia di tornare alla commedia e siccome sono testarda e credevo nella mia storia, mi ci sono buttata. Ho scritto tutto da sola, senza accordi, e ho fatto leggere a Philippe Godeau chi mi ha detto di sì. |
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Ciò che sconvolge è che l’attualità degli ultimi mesi collide con il suo scenario, immaginato sette anni fa... |
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In effetti, è inquietante, anche se non sono molto sorpresa… |
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Di fronte all’obbligo di ospitare i diseredati, i suoi personaggi si evolveranno tutti nel corso della storia e alla fine, ci renderemo conto che nonostante i loro difetti, sono sia capibili che amabili. |
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È questo che volevo assolutamente. Un personaggio non deve mai essere monolitico, altrimenti diventa rapidamente molto fastidioso. Si deve essere in grado di guardare la vita come la gente: da punti di vista diversi. Vorrei che “Benvenuti ma non troppo” fosse percepito come l’ho concepito io: una commedia pura che fa riflettere. |
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Ha detto di non essere abituata ai ?ilm corali. Come si è sentita durante le riprese di "Benvenuti ma non troppo"? |
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Innanzitutto ho avuto la fortuna di avere un team di una solidarietà esemplare. Durante le riprese, cerco di anticipare le esigenze che avrò al montaggio. Sono capace sia di aggiungere che di eliminare una scena. Dormo molto poco, riscrivo durante la notte, perfeziono, metto a punto, cambio un dialogo. |
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Lo descrive dunque come un processo che sembra a volte quasi doloroso. |
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Non lo so. In ogni caso, la fase delle riprese è molto più divertente di quello della scrittura. Non mi sento mai così viva come quando giro. |
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