Con "The Hole" il regista dimostra una grande maturità rispetto una capacità compositiva che pochi cineasti contemporanei possiedono. Accusato soprattutto di esibire esercizi di stili, appesantiti da una lunghezza-lentezza insostenibili anche per lo spettatore più paziente, in realtà il regista taiwanese si limita a filmare la condizione dell'umanità alla fine di questo secolo. I dialoghi, le parole sono pressoché assenti e gli unici suoni che spezzano la desolazione silenziosa dell'edificio sono quelli della radio o della televisione, che trasmettono drammatici bollettini sull'epidemia. In questa prospettiva da diluvio universale, da apocalisse di fine millennio, un uomo e una donna si ritrovano soli eppure con la possibilità di avvicinarsi l'uno all'altra, di solidarizzare, forse per superare una realtà sempre più opprimente.
L'ossessione per l'acqua è un elemento fondamentale per avvicinarsi al cinema di Tsai Ming-Liang; la degradazione dei personaggi e degli ambienti sicuramente un altro carattere della sua filmografia. Ma anche in quest'opera, come soprattutto nel precedente "Il Fiume", c'è una grande carica ironica, collocata in alcuni momenti precisi. Con i suoi intermezzi musicali coloratissimi ed una storia d'amore che probabilmente nasce sotto gli occhi dello spettatore, "The Hole" segna allora una piccola svolta nella filmografia del regista, se non altro per un approccio più ottimista al tema dell'incomunicabilità. Lo stile è ancora quello dei lunghi piani sequenza, della rinuncia ai dialoghi, dell'eloquenza delle immagini, ma stempera la durezza del film precedente e si trasforma in strumento di ironica riflessione sull'indifferenza tra gli individui.
"Vive l'amour" (secondo lungometraggio del regista), "Il fiume" e "The Hole - Il buco" sembrano costituire una trilogia con la quale Tsai Ming-Liang affronta con coerenza stilistica l'aridità dei rapporti interpersonali, dell'impossibilità di lasciar fiorire i sentimenti, sullo sfondo di una città, che perde progressivamente i connotati di città reale e diventa simbolo di qualsiasi realtà metropolitana in cui milioni e milioni di persone vivono.
Possiamo così considerare Tsai Ming-Liang un moderno "autore", nel senso più classico del termine, la cui concezione di cinema, appare molto influenzata da registi come Antonioni, Fellini, Bresson, Truffaut, Fassbinder. Un autore che dà forma alla sua materia per mezzo di uno stile essenziale, straniante, coraggioso, personalissimo, fatto di poche parole e tante immagini. Così com'era stato concepito in origine il cinema. |