"Il fiume" è la storia di Xiao-Kang, un giovane di Taipei che, per fare la controfigura di un film, si getta nelle acque inquinate di un fiume e si prende un misterioso torcicollo. La storia si snoda seguendo le orme del giovane tra i suoi continui e vani spostamenti in motorino alla ricerca di una cura che nessun tipo di medico riesce a trovare, e la sua vita in famiglia, caratterizzata da una insuperabile incomunicabilità, dove ogni membro vive chiuso in un mondo proprio, invariabilmente corrotto e vizioso:il padre vivendo rapporti omosessuali in lugubri saune, la madre frequentando uno squallido venditore di cassette porno.
L'incomunicabilità assume toni duri e grotteschi. Al termine del film il rapporto ambiguo tra padre e figlio si risolve in una scena di sesso tra le più belle e sconvolgenti mai viste: cinque minuti di silenzio con impercettibile movimento dei protagonisti, inquadrati con un plasticismo e cromatismo come immagini in un dipinto. Nell'ultima scena il torcicollo, proiezione del malessere interiore del protagonista, non sembra scomparire e nessuna via d'uscita sembra aprirsi, neanche un possibile suicidio.
Tsai Ming-Liang, uno dei più apprezzati registi asiatici e in particolare di Taiwan, descrive fino ai limiti del parossismo quella che è una vera e propria malattia dei nostri tempi, l'alienazione, rappresentandola con lunghissimi piani sequenza che ritraggono i protagonisti ora in comportamenti meccanici e rituali, ora in movimenti armonici e ripetitivi, ora in espressioni insofferenti o inanimate. I movimenti all'interno delle inquadrature sono talmente lenti che Tsai M.L. potrebbe essere accostato ad un pittore più che ad un regista, tanto più che i dialoghi sono brevi e sporadici; tuttavia un occhio sensibile non può non avvertire quanto ci sia dietro quei movimenti impercettibili, quanta forza, quanta poesia.
Evidente è l'influenza di Andrej Tarkovskij , non solo per la presenza metaforica dell'acqua. Tutta l'acqua che vediamo scorrere durante il film non produce nessun tipo di conseguenze interne nei protagonisti; produce solo "disastri". Non scende sui personaggi per purificarli, piuttosto li corrode, come corrode una città in preda al disfacimento, senza un'identità culturale, persa tra cibi e tradizioni orientali.
Orso d'argento a Berlino '97. |