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Com'è nato il soggetto di "Perez."? |
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Mi ha sempre affascinato la zona grigia in cui criminali e persone per bene si incontrano: è la zona non geografica più vasta dell'umanità. I criminali, per come li ho conosciuti, non esibiscono la tessera della propria associazione a delinquere ma si rivelano solo all'occorrenza. Spesso, sono insospettabili. Al tempo stesso, le persone per bene, così come le ho conosciute, sbandierano la loro purezza ma, messe alle strette da circostanze coercitive o mosse dalla convenienza, spesso si sporgono nella zona grigia. Perez non sbandiera la propria purezza, naviga a vista nelle acque grigie del tribunale, dove l'unica verità è la verità processuale. La verità assoluta, lì, non importa a nessuno. |
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il film è in gran parte ambientato in un luogo particolare di Napoli... |
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Il tribunale di Napoli e l'abitazione di Perez sono nel Centro Direzionale, un quartiere che assomiglia al protagonista di questa storia: una promessa mancata di ricchezza e progresso. Ho voluto fotografarlo vuoto, freddo, come un'antitesi alla città. Ai piedi dei grattacieli imponenti di vetro e acciaio, ho schiacciato la figura di un avvocato d'ufficio, un uomo curvato dal peso della prepotenza e dell'insuccesso. |
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Come ha cercato di rendere l'oppressione che grava sul protagonista? |
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Il viso di Perez è segnato dalla tristezza, gli occhi sono cerchiati di rosso perché la sua immobilità viene turbata dal pericolo e, per fare ciò che deve, Perez non dorme. La macchina da presa è inquieta, sempre in movimento, insegue i personaggi, si infila negli ambienti sperimentando una grafia inedita grazie al supporto di strumenti prototipo sviluppati appositamente assieme al direttore della fotografia Ferran Paredes Rubio. |
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Cosa voleva raccontare con quest'opera seconda? |
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Ho voluto raccontare il tormento di un individuo sull'orlo di perdersi che, di fronte all'estremo pericolo, trova la forza di diventare padrone del proprio destino. |
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