|
|
Sia i genitori di Christine che quelli di Gilles sono divorziati e i due ragazzi non possono accettare le regole di una società che, in pratica, li abbandona alle proprie sofferte, drammatiche insicurezze. Christine finisce in un istituto, poi fugge e raggiunge Gilles. Insieme partono per il Sud, passano una notte insieme, ma, al mattino, Gilles trova accanto a sé solo una pagina bianca di quaderno. |
|
|
|
Ricco di emozioni forti, momenti teneri, rabbia e disperazione, "L'Eau Froide" è uno splendido affresco sull'adolescenza e i suoi conflitti, sulla rabbia e l'ansia di crescere. Uno sguardo impietoso verso lo squallore del reale, ma affettuoso verso la fragilità dei due protagonisti.
In "L'Eau Froide" entra in gioco pienamente la vita in tutta la sua urgenza, tensione, instabilità e incertezza: è l'intimità complessa, contraddittoria dei personaggi al centro della pellicola, dell' "indagine" condotta in modo riservato, essenziale.
L'intensità dello sguardo di Assayas, deriva da un "atteggiamento morale": i pensieri, i volti, i sentimenti e i corpi dei suoi personaggi, sono filmati con pieno rispetto della loro identità, tramite un'estrema libertà di movimento della macchina da presa, che permette di scoprire il loro mondo interiore e la loro visione dell'esistenza, oltre all'ambiente nel quale si trovano a vivere.
L'originalità di Assayas, la forza della sua regia, sta nel riuscire ad abbandonare al proprio destino i suoi personaggi, isolandoli ogni volta, per poi reinserirli nel contesto originario e dando loro ogni più sottile sfumatura. Riesce a dotare i personaggi di un'anima "nervosa", perennemente mutevole, e di una variabile gamma di possibilità aperte; mentre alcuni elementi, apparentemente significativi, disseminati lungo il percorso offerto dalla sceneggiatura, vengono di volta in volta smarriti per strada, volutamente trascurati a beneficio della forza delle azioni e dei sentimenti rappresentati.
Olivier Assayas, ha un passato di studente d'arte e letteratura, di "vagabondo" a Londra negli anni '70 e quindi di critico (nei primi anni '80) ai "Cahiers du Cinéma". |