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Dopo un lungo corteggiamento, Juha convince Marja a convolare a giuste e tristi nozze. Insieme, vanno a vivere in una fattoria alla periferia della città lottando ogni giorno contro la povertà. Un giorno arriva Shemeikka, uomo ricco e senza scrupoli, che si è fermato alla fattoria perché in panne con la macchina. L'uomo è attratto da Marja, e alla prima occasione la porta via con sé. |
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Il cinema che si ricorda di sé. Il cinema che finge di azzerarsi, di ritornare indietro, di riflettersi nelle proprie immagini, nelle proprie atmosfere, nei propri segni individuanti.
Tratto da un romanzo di Juhani Aho, tra i massimi scrittori finlandesi d’inizio secolo, "Juha" è una sorta di melodramma "congelato" in cui però tutto passa attraverso il filtro di un'ironia che, paradossalmente, sorvola le passioni ed i comportamenti dei personaggi.
Un "impasto" visivo pieno d'amore e sofferenza, un vertiginoso, crepitante melò, insieme gelido e incandescente: pare davvero che il cinema parli da solo e con i propri fantasmi, ma non è (solo) così. Parlando con se stesso e di se stesso, il cinema torna a parlare di carne e sangue, di poesia e dolore, di amore e verità: sono segni (in)visibili al servizio della storia narrata: raccontano, descrivono, aprono varchi.
La sfida del finlandese sembra fondarsi sulla ricerca dell'autenticità proprio passando attraverso un labirintico processo di (ri)scrittura. "Juha" è soprattutto una rivisitazione fedele ed inventiva dell'estetica del muto o del melò in generale. Un amalgama postmoderno che nella musica e nei rari suoni, peraltro usati in funzione drammatica, ha i suoi più evidenti segni di riconoscimento, che pretendono di essere osservati. |
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