A soli cinque anni Saroo si perde salendo su un treno che lo porta a migliaia di chilometri lontano dalla sua famiglia. Il bambino deve imparare a vivere da solo in una megalopoli indiana, finché non è adottato da una famiglia australiana. Venticinque anni dopo Saroo decide di provare a ritrovare la sua famiglia indiana, anche se ha solo labili ricordi della sua infanzia.
Ci vuole coraggio a mettere in scena una storia strappalacrime come questa sapendo di rischiare di ricadere nei classici cliché del melodrammone. Davis pero' onestamente costruisce un artefatto pieno di sentimento relegando nella parte finale il culmine di un pathos che cresce poco a poco; esplora, come é giusto che sia, la crisi profonda nella quale Saroo si ritrova nel momento in cui prende coscienza pienamente della propria, incredibile storia e del proprio passato. Il film é onesto ed emozionante anche se rinuncia completamente ad approfondire i risvolti sociali. Insomma un polpettone non indigesto.
Si forse come dice Calvius e` un po' polpettone ma di sicuro tocca il cuore come pochi film. Davvero emozionante, una bellissima storia che parte da lontano e sapere che e`vera mi rebde molto felice. Dave Patel si comporta abbastanza bene come anche la Kidman che quando si tratta di fare la parte dell'Australiana non se ne fa scappare una.
Notevole sforzo produttivo per mettere in scena questo dramma contemporaneo diviso tra India e Australia. Tra le vite marginali del subcontinente indiano ci si imbatte in quella anomala del protagonista che si perde accidentalmente, finisce adottato per poi tornare alle origini. Un'odissea moderna costruita per la lacrima facile potenziata dalla presunta veridicità della storia narrata. La parte migliore resta quella che rappresenta lo sguardo sulla miseria dell'India degli anni 80 (per altro non molto differente dall'attuale) anche se sapientemente ricostruita per il pubblico nostrano e natalizio al quale il palato cinematografico un po' difetta. Cinepolpettone.