|
Sotto le apparenze di una garbata commedia, il film parla di perdita e di solitudine, come ha notato anzianzi, e lo fa con delicatezza e pudore, nonostante qualche concessione di troppo ai colori e ai rumori straripanti del cinema infiano. Bravi gli attori e originale l'idea di fondo (a me ha fatto venire in mente il romanzo "che tu sia per me il coltello" di David Grossmann), anche se ripetuta un po' troppo a lungo e con una certa monotonia, e non sempre in modo ugualmente felice.
|
|
|
partendo da una "trama" di lutti di ogni tipo, presenti nella vita passata presente e futura di tutti i personaggi al punto che ciascuno sembra avere a che fare unicamente con persone in vario modo assenti, questo film ribalta la situazione celebrando con misura, eleganza ed ironia il potere della comunicazione, della condivisione, del rapporto con l'altro che anche in assenza sa farsi presenza. e speranza. il tutto muovendosi a tempo con la funambolica ma a quanto pare efficientissima distribuzione dei lunchbox, tra le spire di treni che si arrotolano dentro Mumbai come grossi serpenti o alacri intestini con cui la città digerisce se stessa, mentre un'indomita e inedita "zia fuori campo" continua a calare dalla finestra il suo, di cestino. ben pensato, ben fatto, non banale, e con un Irrfan Khan la cui bravura ho notato personalmente per la prima volta.
|
|