Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Roberto Benigni Benigni: la poesia contro la guerra

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a cura di Vaniel Maestosi
Roberto Benigni pensa ancora che "la vita è bella" nonostante un velo di dolore compaia nei suoi occhi quando ricorda che La tigre e la neve è dedicato ai suoi genitori: Isolina e Luigi. La tigre e la neve, nei cinema italiani dal 14 ottobre, è un film sulla forza eversiva dell'amore. E' un film che parla di vita e morte, di poesia e di guerra. Diretto e interpretato da Roberto Benigni insieme alla moglie Nicoletta Braschi, a Jean Reno, Emilia Fox e Giuseppe Battiston, La tigre e la neve vede all'opera i collaboratori più stretti e fedeli all'artista da sempre. La sceneggiatura è stata scritta insieme a Vincenzo Cerami, le musiche sono di Nicola Piovani con il contributo speciale di una canzone scritta appositamente per il film da Tom Waits “You Can Never Hold Back Spring”, è prodotto da Elda Ferri e dalla Melampo Cinematografica (casa di produzione fondata da Benigni e dalla Braschi), distribuito dalla 01 Distribution in 900 copie. Roberto Benigni arriva alla presentazione del film alla stampa, insieme alla moglie Nicoletta Braschi e al musicista Nicola Piovani, è allegro ed esuberante come suo solito ma anche visibilmente in ansia per come sarà giudicato il film. Scherzando avverte subito i giornalisti che "l'ultimo della categoria che ha fatto un intervista con lui non lavora più da tempo".
“La tigre e la neve” girato tra Roma, gli studi di Cinecittà in Umbria e la Tunisia, racconta la storia dello stralunato poeta Attilio De Giovanni (Roberto Benigni), un uomo disperatamente innamorato di Vittoria (Nicoletta Braschi). L'amore per questa donna lo porterà in Iraq, durante il conflitto, dove Vittoria è andata per seguire il poeta Fuad (Jean Reno) di cui sta scrivendo la biografia. Attilio è candido, non conosce l'arabo, ma armato solo della sua poesia, si troverà a contrapporsi ad un mondo di violenza e di dolore. E sullo scontro tra la poesia e la guerra, che ne esce sconfitta, si basa il tema di La tigre e la neve.
Quando in conferenza stampa fanno notare a Benigni che sicuramente il film sarà accusato di buonismo, per i sentimenti raccontati ma anche per non prendere una posizione politica nei confronti della guerra in Iraq, Benigni risponde: "Il film non è ideologico ma non è nemmeno buonista. Questo è un film che punta dritto al cuore non alla testa. Ma è più pericoloso puntare al cuore. E' ovviamente un film contro la guerra ma non volevo far passare questo messaggio in modo diretto, non era questo il mio scopo. Io racconto la vita di Attilio, un poeta, e lui combatte la sua guerra personale. Fuori, intorno a lui, c'è la guerra, ci sono i soldati ma la sua guerra è più emozionante e, talmente grande, che racchiude l'orrore di tutte le guerre. Attilio è impegnato in un grande amore e deve salvare la vita al suo grande amore, salvare una vita vuole dire salvare il mondo. E' un film che deve commuovere, volevo girare una grande storia d'amore nella quale si piange, come quelle di una volta".
Ne La tigre e la neve ci sono molti monologhi di grande potenza evocativa. Benigni si è soffermato a spiegare come ha lavorato con Cerami e perché hanno voluto raccontare la guerra vista dagli occhi di un poeta. "Trovo - ha affermato Benigni - che l'idea che il protagonista sia un poeta è un'idea rivoluzionaria. Poter raccontare l'orrore attraverso un uomo innamorato e che ama la vita è una delle cose più struggenti ed emozionanti che si possano fare. Come dicevo prima non c'è stata nessuna idea all'origine del film ma solo un sentimento che ci ha guidati, sia il sottoscritto che Cerami. I protagonisti sono portati dal sentimento, che è la forza più bella del mondo, la più eversiva e la più rivoluzionaria. Volevamo, e mi auguro che ci siamo riusciti, fare un film candido come la neve e furioso come la tigre."

CRITICA DEI PRINCIPALI QUOTIDIANI

"La vita è bella anche in Iraq, e il fantasioso omino che pareva morto in un campo di concentramento per salvare la sua dama e il suo bambino, scampato per un pelo anche alla trappola di Pinocchio, riappare in piena guerra, con tutto il suo fardello poetico e la sua innocente energia, armato, come sempre, tra bombe e terrore, dell'arma più invincibile e aliena, l'amore. (...) Ancora una volta Benigni ha bisogno di usare la realtà come una favola. (...) Un film irrealista, melenso, di buoni sentimenti, opportunista? Forse. Ma in un momento di diffuso catastrofismo, di paura, di disimpegno e rassegnazione La Tigre e la Neve diventa un messaggio morale necessario: non perdere mai la speranza, non arrendersi agli orrori, non accettare lo sfacelo, lottare, essere certi di farcela". La Repubblica (Natalia Aspesi)

"Un applausino subito spento e via. Non credevo alle mie orecchie all'anteprima romana per la stampa di La tigre e la neve. Lassù sullo schermo, Roberto Benigni si era prodigato per due ore in uno dei più strepitosi assolo del cinema contemporaneo, tale da giustificare una standing ovation, e invece niente. Spero e confido che l'accoglienza del pubblico vero sarà ben diversa. In mezzo ai guai che attraversa l'Italia il solo fatto dell'esistenza di questo straordinario talento impegnato a spargere buonumore e ottimismo dovrebbe suscitare un'ondata di gratitudine". Corriere della Sera (Tullio Kezich)

“C'è sospetto di calcolo, perché è lo stesso schema sperimentato ne La vita è bella; ma se è già difficile ribaltare le icone della Storia, c'è addirittura da scottarsi a toccare la più incandescente attualità. Si capisce che Benigni cercasse una cornice estrema per questa fiaba in cui i sentimenti sconfiggono le peggiori avversità. Nondimeno la scelta dell'Iraq appare abbastanza strumentale, e all'epilogo italiano si tira un sospiro di sollievo. Quando Benigni riuscirà a costruire tutta una storia (o una non-storia) contando solo sulle sue forze, senza cercare alibi o scudi altrove, farà finalmente il grande film che ci aspettiamo.” Il Messaggero (Fabio Ferzetti)

“Robertaccio con questo nuovo film cerca di recuperare l'equilibrio tra realismo grottesco e sublime eterno di La vita è bella. E bisogna perdonargli, come sempre, qualche sconnessione di sceneggiatura e dispersioni di regia. Pensato come un inno alla vita e alla poesia, con orgoglioso senso del rischio che navigherà sull'onda della celebrità di Benigni, La Tigre e la Neve (...) si immette con fortunata comicità nel disastro di una guerra attuale, filma il suicidio di un poeta come volontaria protesta dell'umanesimo, segue la peripezia di Benigni alla guerra e torna all'ovile favolistico e sentimentale dell'amore.” Il Giorno (Silvio Danese)

“In questo film-fiaba ogni cosa è esemplare e rappresenta qualche altra cosa. (...) E' una guerra con tanto di bombe e carri armati quella che si mostra Benigni. Senza rinunciare però a quell'ironia che da La vita è bella in poi ha creato un filone. (...) Un film che come tutti i film o l'arte in generale, conclude Benigni, "non può certo cambiare il mondo, ma può distrarre e commuovere". (...) L'idea è che non devi più ricostruire gli spezzoni di telegiornali perché ciò che avviene è al di là della realtà e ciò che provi non si presta più a essere contenuto fra indignazione e condanna. (...) Il clown bianco si spinge più avanti. Non c'è garanzia di non saltare sul campo minato. Nessuno è escluso. Ma un clown bianco non si rassegna. A suo modo, è l'eroe che non si arrende". L'Unità (Furio Colombo)

“Abbiamo capito che Benigni è il poeta del cinema italiano. (...) Solo che la poesia, al cinema, è materiale deperibile. Se vuole suonar vera, deve affiorare per vie imperscrutabili, laterali, insinuanti, quando è programmaticamente cercata rischia di non toccare i cuori. (...) Troppa poesia annulla la poesia. (...) Per quanto buono e non buonista, l'attore-regista finisce col monumentalizzarsi un po', trasformando il suo poeta nel milite ignoto della parola dinanzi al quale tutti dovremmo inchinarci". Il Giornale (Michele Anselmi)
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