Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Cinema di quartiere Conclusioni, Alcazar e Dei Piccoli

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a cura di Glauco Almonte
Terza e conclusiva parte della breve inchiesta a puntate di Cinema del Silenzio, che tra maggio e giugno ha coinvolto i gestori di alcuni cinema storici romani: attraverso la storia di queste sale e il loro sviluppo nel proprio quartiere, cerchiamo di capire che cosa è cambiato e cosa si sta muovendo in chiave economica e sociale.
L’ultima puntata si occupa di due sala centrali, l’Alcazar a Trastevere e il cinema Dei Piccoli a Villa Borghese, a pochi passi dalla Casa del Cinema. Intervistati da Flavia D’Angelo i due gestori, Andrea Bonardo per l’Alcazar e Roberto Fiorenza per il Dei Piccoli, oltre a raccontare la storia della sala nel contesto socio-culturale delle zone limitrofe, tentano di guardare oltre al presente: Andrea Bonardo parla di diversificazione della programmazione in base alle fasce orarie, cosa che il Dei Piccoli fa già, e dell’iniziativa di proiettare ogni lunedì la versione originale – sottotitolata – del film in cartellone; Roberto Fiorenza, dopo un excursus sulla figura del “programmista” sostituita oggi dall’“agente regionale”, torna sul discorso affrontato nelle precedenti puntate dei contenuti alternativi, mostrandosi scettico sulla reale possibilità che attecchiscano a Roma.

Provando a tirare le somme, da questa breve inchiesta risulta che il pubblico cosiddetto d’essai prediliga le monosale – il Madison rappresenta un’eccezione – e proprio questo permette la sopravvivenza di cinema che non potrebbero competere con i multiplex quanto a programmazione commerciale. L’unico cinema che cerca di abbinare le due programmazioni è il Nuovo Cinema Aquila, non a caso la struttura più recente, che però paga dazio non riuscendo, per ora, a costruirsi una precisa identità. Un problema comune è quello di comunicare al proprio pubblico una programmazione che varia quotidianamente o verticalmente nelle sale: tre sale su sei hanno creato a questo scopo una mailing list, suggerimento che potrebbe essere esteso alle altre tre.
L’osservazione più rilevante è il mutamento nelle abitudini degli spettatori a partire dagli anni ’80, con la diffusione della TV commerciale e dell’Home Video; nello stesso periodo, anche a causa dello spopolamento del centro storico, l’età media degli spettatori è aumentata, così come l’afflusso agli spettacoli pomeridiani a discapito di quelli serali. E’ cambiato anche il rapporto con i distributori, il cui potere è aumentato al punto che nessun esercente può trattare l’esclusiva di un film, ma deve anzi accettare più o meno piccoli compromessi per ottenere la pellicola del film che vorrebbe programmare. Chi ha più libertà è il Nuovo Sacher, che essendo di proprietà di Nanni Moretti rappresenta un punto di riferimento per la programmazione d’essai, ma si trova in un quartiere dove le sale sono molte in pochi chilometri, e devono fare attenzione a non pestarsi i piedi.

Infine, uno sguardo al futuro: il vantaggio economico che la proiezione in digitale rappresenta non è ancora alla portata di cinema che, in virtù di una programmazione d’essai, scelgono spesso prodotti dei quali non esiste alcuna copia digitale. Ma è un discorso che sembra soltanto rimandato di qualche anno. Sui contenuti alternativi, Farnese e Aquila con qualche distinguo, si dicono tutti scettici: chi è interessato a partite di calcio o concerti difficilmente sceglierà la sala cinematografica per assistervi, ma la possibilità di ricevere un prodotto tramite l’antenna satellitare, magari in diretta, abbattendo gli ingenti costi della distribuzione, è un’altra finestra sul futuro.
Quanto sia vicino, questo futuro, non si sa: è forte l’interesse di chi controlla oggi il mercato nel far sì che nulla si muova, e nell’attesa molte delle sale storiche non ci sono più, convertite in Bingo o in esercizi commerciali. Il lungo elenco si arricchirà tra pochi mesi di un’altra vittima illustre, il Metropolitan: poche sale continuano a resistere, portando avanti in mezzo al fiorire di multiplex in città e fuori città il loro bagaglio di esperienza, di storia passata, di passione per il cinema. Non è solo un prodotto da cui trarre il massimo profitto possibile, c’è ancora spazio per logiche non capitalistiche; bisogna vedere per quanto.
Sale di quartiere: ieri, oggi e domani
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