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Recensione: Un giorno per sbaglio

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Un giorno per sbaglio
titolo originale Separate Lies
nazione Gran Bretagna
anno 2005
regia Julian Fellowes
genere Drammatico
durata 85 min.
distribuzione 20th Century Fox
cast T. Wilkinson (James Manning) • E. Watson (Anne Manning) • R. Everett (William 'Bill' Bule) • L. Bassett (Maggie) • H. Norris (Priscilla) • J. Warnaby (Simon)
sceneggiatura J. Fellowes
musiche S. Syrewicz
montaggio A. MackieM. Walsh
uscita nelle sale 10 Marzo 2006
media voti redazione
Un giorno per sbaglio Trama del film
Il matrimonio tra Anne e James Manning in apparenza sembra perfetto e la loro vita scorre felice tra la casa di Londra, dove James lavora, e la bella villa nella idilliaca campagna inglese. Tuttavia, l'incontro di Anne con un uomo misterioso e spensierato tornato da un lungo viaggio, Bill, con cui inizia una relazione clandestina, sconvolge la vita di lei e la rende consapevole del fatto che il suo matrimonio non potrà più essere come prima. A complicare le cose interviene un tragico incidente d'auto in cui vengono coinvolti i due amanti. James scopre il tradimento della moglie ma nonostante tutto decide di aiutarla e proteggerla mentre investiga su come sono andate realmente le cose...
Recensione “Un giorno per sbaglio”
a cura di Francesco Alfani  (voto: 4,5)
Buckinghamshire, Inghilterra – come scorre tranquilla la vita nella verde campagna inglese (non piove mai!), tra partite di cricket e giardinaggio, per l’affermato procuratore James Manning e la sua dedita moglie Anne. Ma un incidente inatteso può far scoppiare le tensioni sopite, e mettere in crisi un rapporto che sembrava perfetto… Se questo è il messaggio che il film ci affida, allora esso sostanzialmente fallisce perché resta sempre patinato proprio come la realtà che vorrebbe smuovere: tra città, case e alberghi bellissimi, e parchi ancora più belli, ripresi con una fotografia immacolata, il film scivola via innocuo come un tè senza zucchero.
Un giorno per sbaglio… il regista, unendo una sceneggiatura non travolgente e tre attori che hanno forse dato miglior prova di sé, ha realizzato questo film, mediocre sotto molti punti di vista. Cominciamo appunto dal racconto, che non riesce mai a prendere il volo e a coinvolgere davvero, seguendo sentieri già tracciati; tutto fila, nessun sussulto (tranne quello iniziale, oltretutto stonato) e anzi notevole prevedibilità: c’è addirittura il flirt con la segretaria, da sempre segretamente e perdutamente innamorata di James. Due idee discrete, ossia la scelta di seguire l’evoluzione di un ménage à trois per tutta la storia, affidando al marito l’insolito ruolo di quasi complice della moglie fedifraga, e l’inserimento di alcuni elementi di detective story, riescono malamente: la prima perché non sostenuta da una sceneggiatura sufficientemente credibile, la seconda perché il giallo resiste per la prima metà del primo tempo, e poi rimangono solo le apparizioni col contagocce di un commissario più inutile e antipatico del solito. Alcune cadute di stile: la Watson casalinga disperata che palesa la sua crisi mentre taglia le zucchine, la domestica Maggie che con la sua magnanimità dimostra la superiorità morale delle colf proletarie rispetto ai borghesi amorali, il padre di Bill che si asciuga le lacrime con un fazzolettone bianco.
Nei dialoghi in certi momenti tremendi si impantanano i tre attori, poco efficaci nel rendere il dramma che si vorrebbe rappresentare: la Watson tiene gli occhi sbarrati come due fanali per tutto il film, Everett è alla sua altezza, Wilkinson è il migliore, ma lui come gli altri è rovinato da un doppiaggio monocorde, che probabilmente acuisce per noi spettatori italiani la suddetta impressione di calma piatta.
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