Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Recensione: Rapacità

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Rapacità
titolo originale Greed
nazione U.S.A.
anno 1923
regia Erich von Stroheim
genere Drammatico
durata 98 min.
distribuzione n.d.
cast Z. Pitts (Trina Sieppe) • G. Gowland (John "Mac" McTeague) • J. Hersholt (Marco)
sceneggiatura E. von StroheimJ. Mathis
fotografia W. DanielsB. ReynoldsE. Schoedsack
montaggio E. von StroheimJ. MathisJ. FarnhamR. Ingram
media voti redazione
Rapacità Trama del film
Mac, dentista senza licenza, s’innamora di Trina, cugina e fidanzata dell’amico Marco. Questi accetta di cederla all’amico, ma quando Trina vince una grossa somma alla lotteria nascono i problemi: la donna sviluppa una vera e propria ossessione per il denaro, Mac inizia ad odiarla mentre Marco pensa che parte della vincita gli sia dovuta. Svanito ogni sentimento umano, la resa dei conti sarà brutale.
Recensione “Rapacità”
a cura di Glauco Almonte  (voto: 8,5)
Chiunque noi siamo, e qualunque cosa possediamo il dolore ch’è essenza della vita non si lascia rimuovere

C’è una didascalia, quando della tragedia non c’è ancora il sentore, che anticipa la futura malvagità di Mac, inevitabile eredità paterna. Ma limitarsi a scomodare la mitologia classica, per Rapacità, sarebbe riduttivo: Stroheim chiama in cattedra Schopenhauer per quello che è il più grande peccato della storia del cinema (bruciati i negativi di oltre quattro ore di film, tagliate contro la sua volontà).
Mac, il ‘malvagio’ che uccide sia la moglie che l’amico, è dei tre il meno ‘mostruoso’: i suoi sentimenti per gli altri due sono sinceri, non ha grosse aspirazioni né ossessione per il denaro. La personalità di Trina e Marco è invece stuprata dall’idea della ricchezza, ogni barlume di razionalità scompare lasciando il posto al solo istinto: l’egoismo di Trina non è una scelta né una prerogativa ‘di sangue’, ma una malattia innata che si manifesta nel momento del contatto col denaro – entità che distrugge l’uomo. Marco non è da meno: la sua amicizia con Mac non ha più un perché, se i soldi toccati in sorte all’amico potevano essere suoi; l’invidia diventa facilmente odio, che lo acceca a tal punto da portare con sé il rivale nella tomba.
L’inquadratura del gatto che guarda, affamato, gli uccellini in gabbia, palesa il pensiero di Stroheim: l’uomo non è diverso dagli animali, mosso unicamente dall’istinto quando si risveglia la sua avidità ricchezza, successo, sopraffazione del prossimo; un bisogno primario.
Il finale è accecante nella sua atrocità, sintesi della disperazione umana: morti uomini e animali, incatenati gli amici/nemici, una cosa sola sangue e denaro.
Commenti del pubblico







Ultimi commenti e voti
Utente di Base (33 Commenti, 28% gradimento) claudiaccio1 26 Ottobre 2011 ore 17:34
voto al film:   10

CAPOLAVORO ASSOLUTO DI ERICH VON STROHEIM CON UNA SUBLIME ZASU PITTS
Utente di Base (0 Commenti, 0% gradimento) elfabuloso94 21 Giugno 2011 ore 19:13
voto al film:   6

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