A poche settimane dalla sua scomparsa, il Festival Internazionale del Film di Roma offre omaggio a Gil Rossellini, proiettando al pubblico della Sezione L’Altro Cinema / Extra l’ultimo lavoro del regista indiano, figlio adottivo di quel Rossellini simbolo di quel Neorealismo che tanto ha fatto parlare all’estero del cinema nostrano. Dal 2004 Gil era affetto da una grave patologia che lo ha costretto per anni a vivere su una sedia a rotelle, condizione che non gli ha però impedito di separarsi dalla macchina da presa, diventata giorno dopo giorno la finestra dalla quale guardare il mondo che lo circondava. Un mondo che non è mai cambiato, nonostante nella sua vita siano cambiate molte cose. E Kill Gil Vol. 2 e ½ – il terzo capitolo di quella trilogia dei Kill Gil (prima Vol. 1 poi Vol. 2) caratterizzata da un taglio autobiografico e documentaristico, ironico anche in momenti di profondo pathos emotivo – dimostra la sofferenza di chi all’improvviso si vede privato delle gambe e di quella dignità di uomo che troppo spesso la società calpesta. Nel documentario, quasi sempre accompagnato dalla sua voce fuori campo, spesso didascalica nel racconto, alterna alle sequenze in ospedale e nella camera operatoria i momenti di celebrità vissuti durante i Festival, sul red carpet al fianco di Marco Muller e altre personalità del mondo del cinema. Un diario lucido che si fa testimonianza di una malattia vissuta fino alla fine con la passione di chi ha amato la vita e ha vissuto il mestiere di regista con passione, facendolo diventare la sua stessa ragione di vita.
“È strano come Einstein avesse ragione e tutto sia relativo a seconda del punto di vista: quando seppi che non avrei più camminato provai un’immensa tristezza. E vidi nella sedia a rotelle uno strumento di tortura. Ora che sono a letto da tanti mesi la sedia a rotelle rappresenta per me un sogno bellissimo”, Gil Rossellini, agosto 2008. |