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Mito, leggenda, icona. Ma anche, prima di tutto, attrice. A cinquant’anni dalla sua scomparsa Marilyn Monroe continua a essere l’immagine più abbagliante di un universo pop che di lei si è nutrito, facendone il simbolo senza tempo della bellezza, del fascino, di una sensualità provocante, dolcissima, disperata. Citata, clonata, omaggiata dall’anno della sua morte a oggi: Marilyn è l’ultima grande star di Hollywood. Un fenomeno cinematografico, il cui talento è stato forse l’aspetto meno indagato. Nata nel 1926, dopo un’infanzia triste e una prima giovinezza difficile, i lavori umili, e le scelte sentimentali poco fortunate, Norma Jean Baker inizia la carriera come modesta fotomodella e attricetta. Vent’anni dopo diventa Marilyn Monroe e in breve, grazie a formidabili apparizioni, è l’esplosiva regina dello star system. Ma all’ombra di una clamorosa vita extracinematografica, tra matrimoni da rotocalco e liaisons pericolose - che presto ne sovrastano tragicamente i meriti - costruisce una carriera personalissima, che la vede illuminare film leggendari, nei quali è diretta anche da John Huston (“Giungla d’asfalto”, “Gli spostati”), Henry Hathaway (“Niagara”), Otto Preminger (“La magnifica preda”). Un talento d’attrice drammatica – raffinato anche grazie all’incontro con Lee Strasberg e l’Actor’s Studio – che si affianca alle indimenticabili prove in commedie sofisticate: Gli uomini preferiscono le bionde di Howard Hawks, “Come sposare un milionario” di Jean Negulesco fino a “Quando la moglie è in vacanza” e “A qualcuno piace caldo” di Billy Wilder. Un saggio storico-critico, l’analisi mirata dei suoi maggiori film, la rivisitazione disincantata della sua biografia, oltre agli apparati di filmografia e bibliografia, ne ripercorrono la parabola, alla ricerca di quello specifico "Monroe" che illumina per sempre gli schermi e la cultura cinematografica del suo secolo. |
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