Bel film. Non all'altezza del libro, ma comunque struggente, ben scritto, rappresentato ed interpretato. Il punto è questo: la totale assenza di ribellione in un contesto di conformismo. Cavie umane da macello, cloni coatti di persone ai margini della società, vengono a volte allevati in batteria come dei polli e soltanto i più fortunati hanno la chance di risiedere ad Heilsham. Ciò nondimeno, nessuno si ribella. Vi è auto-rassegnazione rispetto al proprio ruolo e destino nel mondo. Un mondo che crea persone per l'utilità fisica di altre persone. Un mondo che forma persone da sacrificare sull'altare della salute di altre persone. Una nuova schiavitù civile, figlia del progresso tecnologico, viene introdotta e giustificata come legge inevitabile della modernità. L'amore non salva da alcun tragico destino, perché le leggi laiche travolgono tutto e tutti. Heilsham serviva a dimostrare che i cloni hanno un'anima. Ma questo esperimento è un mero esercizio scientifico. Distopia o vaticinio?

Bel soggetto, forse non originalissimo, ma comunque con tratti di originalità. L'intero film è un esperimento di Turing, nonché un'analisi psico-analitica dei fasci di rapporti tra i tre protagonisti. Ottime le prove degli attori. Oscar Isaac si conferma uno dei più versatili e talentuosi attori della nuova generazione. Gleeson e soprattutto la Vikander dominano perfettamente i loro ruoli. Ottima la regia, così come la colonna sonora. L'unico neo di questo film (il che porta ad attribuire un voto non eccezionale) risiede nella sceneggiatura. Si è sottolineata altrove la lentezza nell'intreccio, ma non è questo il punto. Anzi, un thriller psicologico deve essere lento. Il problema sta, viceversa, in alcune piccole sconnessioni nelle scene che seguono al secondo blackout, nonché nel finale, non in sé, ma per come i fatti si succedono e vengono rappresentati. Sono comunque rimasto molto soddisfatto.

Con la grande eccezione della colonna sonora dei Daft Punk, ottima.

Prima di Inception vi è Strange Days. Soggetto geniale.

8. Non ho mai amato il genere 'commediola romantica'. Ma su Colazione da Tiffany mi sono dovuto ricredere. E' vero che il film è più edulcorato rispetto al romanzo, risultando meno attento all'analisi sociale e molto più sornione nel finale. Tuttavia, c'è qualcosa di magico in questa pellicola. Non è soltanto la splendida colonna sonora di Mancini (o Moonriver). Non è soltanto il soggetto, assolutamente scandaloso per l'epoca (era il 1961!). Non è soltanto la mitica scena iniziale o la ancor più mitica scena di Holly che cerca il Gatto sotto la pioggia. Forse si può sintetizzare tutto con Audrey Hepburn ed il suo famoso tubino nero di Givenchy. E' Audrey Hepburn la stella di Colazione da Tiffany. E' lei che lo colora e lo rende vivo, con un'eleganza ed un brio inimitabili. E' lei che rende questo film un evergreen, una pellicola che, forse banale, forse "commerciale", è nata già come un cult, qualcosa che ha influenzato ed influenza il costume ed il gusto, cinematografici e non solo...

Mediocre tentativo di traslare un soggetto tipicamente pulp e tipicamente americano nel classico immaginario della commedia familiare italiana (mucciniana direi).

Concordo con chi ha sottolineato il carattere improbabile della trama. A metà tra Ocean's Twelve (il peggiore della trilogia) e The Prestige, mira a raggiungere la genialità della sceneggiatura di Nolan, vedendola con il lumicino. Intrattenimento sufficiente.

Tre aggettivi. Divertente, ironico, commuovente.

Non mi fanno ridere neanche in televisione. Figuriamoci al cinema. 100 minuti buttati via. Ma chi me l'ha fatto fare. Chi glielo ha fatto fare ... questo film.

0,5 in più per Miriam Leone che, seppure in veste di professoressa e non di Veronica Castello (il personaggio più inutile ed insieme 'interessante' di 1992), è sempre di una bellezza e di un fascino disarmanti. Qualche battuta del simpatico Rocco Papaleo ci sta. Per il resto siamo davanti ad un cinepanettone dissimulato ricco di cliché che lasciano indifferenti. Meno che mediocre.

Concordo. Esagerato. E non sto parlando soltanto del lancio in paracadute con annesse auto. Non sto parlando del volo su una supercar tra tre grattacieli. Non sto parlando della distruzione di Los Angeles senza che muoia neanche un passante (nemmeno di professione). Piuttosto, il massimo è rappresentato da The Rock, il quale rompe un gesso indurendo i muscoli del braccio ed il quale rimane perfettamente illeso dopo essersi gettato con un'autoambulanza su un drone. Follia allo stato puro, divertente fino ad un certo punto. Tre inseguimenti sono troppi per un franchise di basso livello come questo. Naturalmente gli attori sono quello che sono, così come le loro interpretazioni. D'altra parte devono soltanto fare a botte e guidare come dei forsennati.

Un po' meglio che mediocre. Sicuramente le interpretazioni non sono tutte superbe. Sicuramente i personaggi sono eccessivamente stereotipati e poco approfonditi. Tuttavia, la regia e la fotografia sono nella media, mentre i posh (od almeno alcuni di essi) tendono ad apparire come quelli descritti nel film. Naturalmente, l'analisi delle cd. caste inglesi è molto superficiale, rispetto ad un paese - la Gran Bretagna - dove le università e gli ambienti di lavoro sono molto più meritocratici dei nostri.

Regia e fotografia eccellenti, se non spettacolari. Soggetto veramente interessante ed originale, sicuramente non semplice da tradurre in una sceneggiatura. Eppure lo script di Interstellar è riuscito a rendere sullo schermo ardite teorie sulla relatività. Sicuramente Interstellar non è un film per spettatori medi e richiede impegno nella visione, soprattutto per noi profani. Se in Inception, la pluralità delle dimensioni e le asincronie temporali erano connesse alla realtà onirica, in Interstellar il pluralismo ha una dimensione fisica, spaziale e temporale effettiva. Lo spettatore non è più catturato dal complesso di sogni nel sogno, né è spinto a distinguere cosa è vero da cosa è sogno. In Interstellar vi sono più realtà connesse tra loro, il che trasferisce il mistero dall'ordito alla comprensione delle leggi che governano il nostro mondo. Il film di Nolan non è soltanto, quindi, un film di fantascienza, ma un film scientifico o meta-scientifico. Capolavoro.

Script semplice ma storia universale. Donne alla ricerca delle proprie radici, della propria storia, di un proprio destino, del proprio io. Due fati opposti: l'accettazione di sé e della vita contemplativa vis-à-vis il rifiuto della vita futura e della vita passata. Fotografia e regia splendide.

Solo la colonna sonora vale 7,5. La regia, la fotografia e l'interpretazione più che confermano l'altissima qualità di questo prodotto, forse non leggero, né dall'intreccio intricato, ma comunque semplicemente splendido.

Un uomo ed una donna che si "parlano" e quindi si conoscono. Questa non è una commedia romantica, ovverosia una commedia sull'amore in atto. Piuttosto, è questa una pièce sull'innamorarsi, sul conoscersi, sull'amore in divenire. Ed è proprio in questo contesto che risalta l'individualità dei personaggi che formano la coppia, e non pure l'individualità della coppia formata dai personaggi. Il tutto condito da dialoghi brillanti e, a tratti, divertenti. In parte, si può dire che Harry ti present Sally è antesignano rispetto all'esperimento di Linklater con Prima dell'Alba, Prima del Tramonto e Prima di Mezzanotte. Anche in questa trilogia va di scena, infatti, la genesi di una coppia e, successivamente, la sua vita. Concordo con chi ha sottolineato le universali parole di Harry durante l'ultima festa di capodanno. Dulcis in fundo: la splendida Meg Ryan.

Dinanzi al 'realismo fantascentifico' (o forse 'difronte' allo stesso), credo che possano manifestarsi divergenze sul concetto di 'mediocrità' o difetto di conoscenza. La mediocrità è un concetto relativo. Ho letto di meglio in vita mia. C'est tout.

Maronn...Non si tratta della tipica esclamazione fatta dal protagonista in una famosa parodia di Maccio Capatonda. Piuttosto, è questa l'espressione che meglio definisce lo stato d'animo dello spettatore all'esito della visione di questo 'capolavoro' del cinema canino ed equestre. Da romanzi mediocri possono venir fuori grandi film e persino capolavori. Kubrick è riuscito nell'impresa con Barry Lyndon e 2001 A Space Odyssey. Qui si poteva scommettere sulla natura di Christian Grey ed enfatizzare il suo sadismo, magari se si fosse scelto un essere umano, e non pure un manichino, come protagonista. Dulcis in fundo vi è lei, la figlia d'arte, Dakota Johnson, più che una nuova Lolita, una nuova Super Vicki. Ce credo che non senta dolore...

6.5 non è per il film, un action movie ben confezionato come tanti. 6,5 non è per le metodologie di ricerca del protagonista. 6.5 è per la sua abilità 'molto particolare' di mettere ko i nemici con diversi colpi alla giugulare. Mi ricorda tanto la mossa di Rikishi...per chi è stato da bambino appassionato di WWE.

Concordo: film sull'intolleranza in generale e sull'istinto da "homo homini lupus", più che sul razzismo. La storyline di Matt Dillon ha un finale veramente interessante.

Non un commento. Quest'opera deve essere lasciata senza commenti. Piuttosto, un complesso di sensazioni. Si piange dinanzi all'agghiacciante bellezza di questo film. Si piange dinanzi al bene ed al male (quelli reali) che ivi sono rappresentati; e queste pulsioni si destano nell'animo ogni volta che si affronta la visione del più grande capolavoro di Spielberg. Dovevo scrivere tutto ciò dinanzi ad un mondo che sempre più dimentica, edulcora, sfrutta a propri fini quello che è stato. In Schindler's List, il maggiore cineasta blockbuster ci mostra il male assoluto in tutta la sua crudezza e, comunque, con una delicatezza straordinaria. Non ho più parole.

L'uguaglianza nella morte. Sicuramente gran parte del film si svolge secondo i ritmi di una favola. Ma la tela giunge sempre alla sua fine e, in questo caso, il finale è agghiacciante.

Un bel film, canonico nella struttura, interessante per quanto riguarda il soggetto, e cioè la figura di Alan Turing, uno dei più importanti matematici della storia recente, padre dell'informatica ed omosessuale in un tempo di omofobia. Ottima l'interpretazione degli attori. Convenzionale e senza sbavature la regia, così come la fotografia. Splendida la colonna sonora.

Gran bel film. L'uomo e la pelle, l'animo ed il corpo: è questo il leitmotiv di un thriller atipico (e forse unico) in grado di tenere lo spettatore in suspence fino alla fine. Elegantissima ed asciutta la regia, così come la fotografia. Bravo Banderas.

Bel film. Concordo con chi ha sottolineato il carattere equilibrato della sceneggiatura, asciutta, ben bilanciata tra il lavoro di Hawking e la sua vita familiare, mai mielosa e celebrativa. Naturalmente, posto che il soggetto è stato scritto dalla moglie di Hawking, il perno del film è la travagliata storia di amore (e di vita convissuta) tra i due protagonisti. Tuttavia, La Teoria del Tutto riesce a sfuggire dai cliché delle pellicole romantiche, focalizzandosi piuttosto sulla convivenza tra i due coniugi, tra il desiderio di vita ed un (mai realizzatosi) destino di morte, tra la malattia e le naturali esigenze umane. Un capitolo a parte meritano le interpretazioni degli attori. Misurata ed al contempo molto espressiva la Jones. Redmayne è Stephen Hawking. Sono rimasto sbalordito dalla mimica facciale e dalle capacità di alterazione della voce (nella versione originale del film). Rispetto ad A Beautiful Mind manca la colonna sonora e l'originalità nella costruzione dell'intreccio.