Piacevole commedia romantica indie, non aggiunge quasi nulla al tema della compenetrazione tra realtà e finzione (di cui Charlie Kaufman rimane un maestro difficilmente superabile), ma conta sulla fresca scrittura della Kazan, il cui spunto più interessante è il rapporto tra idealizzazione e reale natura di un rapporto di coppia. Nel complesso si respira un tono autentico, che da credibilità all’opera dall’inizio alla fine, con alcuni coraggiosi cambi di registro. Consigliato se vi sono piaciuti “500 giorni insieme”, “se mi lasci ti cancello”, “vero come la finzione” e “il ladro di orchidee”, tutti in misura diversa superiori.

Per raccontarci l’anima di quest’uomo, Refn sceglie la strada più viscerale, esaltandone l’espressività anziché la psicologia. Al di la del fatto che il film possa sembrare fine a se stesso (a tratti lo è secondo me) è importante che esista anche questo tipo di cinema, di grande impatto artistico/estetico (la bellezza delle inquadrature non si discute), così estremo e atipico, lontano dai canonici linguaggi narrativi e drammaturgici. Tom Hardy poi è davvero un grande.

Non si può rimanere impassibili di fronte a questa vera e propria Esperienza cinematografica. Eppure, Avatar divide: c’è chi si accontenta di assistere allo strapotere visivo della tecnica, che trascina letteralmente lo spettatore in un altro magico mondo, e chi invece è sopraffatto dal rimpianto, perché con una storia più originale il film sarebbe stato annoverato tra i migliori di sempre. Comunque, nonostante la pochezza della sceneggiatura, rimane ben al di sopra della media dei film d’azione di fantascienza.

Concordo con tutte le critiche precedentemente mosse. Il bravo Tom Hiddleston (sprecatissimo, cosi come Hopkins) e qualche battuta divertente nella seconda parte non possono bastare. Cinque sceneggiatori per questo risultato? Mia nonna con un dito avrebbe dato più spessore... Vietato ai maggiori di 14 anni.

Confermo quanto è già stato detto, del resto la natura stessa del film non lascia spazio a critiche molto diverse. Insomma, ammiriamo la regia di un vero maestro e due interpreti di altissimo livello in questo raffinato ed elegante gioco di seduzioni, al quale personalmente perdono qualche fisiologico calo di ritmo. Non mi è dispiaciuto il finale, onirico e spaesante.

Il titolo italiano lasciava presagire qualcosa di più di una semplice pagina di diario. Quel nome stampato cosi, da solo, fa un altro effetto, fa pensare ad un ritratto completo e approfondito di una delle più importanti attrici del ventesimo secolo. Invece, MY WEEK WITH MARILYN, si limita a racontarne in maniera scorrevole uno spaccato, una paginetta appunto, che scorre via piacevolmente senza lasciare troppo il segno. E' un'operazione mandata diligentemente in porto, un compitino. In quest'ottica, concordo col giudizio positivo su Michelle Williams fornito da anzianzi. Occasione sprecata?

Levine fa un passo avanti rispetto al precedente "Fa la cosa sbagliata". Le forzature e la naturale dichiarazione d'intenti citate da Flavia e Peppe sono palesi, tuttavia rimane una dramedy leggermente sopra la media, perchè affronta un tema difficile e potenzialmente scivoloso in maniera intelligente (evitare l'identificazione forzata col protagonista e i fastidiosi insegnamenti morali dell'ultimo minuto vale per me mezzo punto in più), bilanciando bene i toni, con un ironia mai malposta.