Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Oscar 2007 Trionfo per Martin Scorsese ed Ennio Morricone

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a cura di Vaniel Maestosi
Il trionfo di Martin Scorsese chiude la 79ª edizione dei Premi Oscar, una delle più internazionali che il Kodak Theatre di Los Angeles abbia mai offerto. Tantissime le nomination per i registi messicani e proprio uno di loro Guillermo Del Toro con il film “Il labirinto del fauno”, premiato da una rossissima Nicole Kidman e dal nuovo Bond-Craig, ha aperto le danze vincendo il primo Oscar della serata, grazie alle sue scenografie fantastiche e corpose.
La conduttrice Ellen Degeneres, omosessuale dichiarata e nota per molti talk-show scottanti made in USA, con pantaloni mascolini e battute semi-comprensibili ha improvvisato molto, risultando però onestamente fiacca e noiosa. Il solito glamour colmo di sfarzi e vetrine ha invece accompagnato le tantissime star sul red carpet, impegnatissime a sfoggiare il migliore dei vestiti per la passerella più famosa dell’anno.
Dopo quarantanni di carriera l’Academy decide che è finalmente giunto il momento di Martin e di omaggiare un’icona del cinema americano fin qui trascurata. Sul palco un trio speciale composto da George Lucas, Steven Spielberg e Francis Ford Coppola ha accolto Scorsese consegnandogli il suo primo Oscar. Lui ha ringraziato ripetutamente, convinto, ironico e anche divertito “sono qui tra tanti vecchi amici” ha dichiarato il regista classe 1942; candidato all’Oscar per ben cinque volte, clamoroso quello non assegnatogli per “Toro scatenato” nel 1981, trionfa con “The Departed” e ritira quattro statuette su cinque nomination: miglior Film, Regia, Montaggio e Sceneggiatura non originale. Martin ringrazia Di Caprio, anche quest’anno a mani vuote, e i loro intensi anni di lavoro insieme, svela di volere De Niro per “The Departed 2” e si emoziona quando sul palco un pelatissimo e difficilmente riconoscibile Jack Nicholson premiatore lo abbraccia forte omaggiandolo nel modo più sincero possibile.
Chiunque abbia avuto l’onore e l’onere di assistere alla premiazione, non potrà che concordare con noi quando asseriamo che l’Oscar ad Ennio Morricone è stato il momento più commovente della serata. L’atmosfera cambia improvvisamente, in scena entra Celine Dion e intona il motivo principale di “C’era una volta in America”, i brividi crescono, le telecamere e gli sguardi iniziano a cercare l’esile figura del Maestro.
Anche qui l’Academy decide di riparare ad un errore del tempo, analogia con Scorsese, il premio alla carriera di Morricone ha il sapore del giustamente dovuto, dopo cinque candidature tutte a vuoto, alcune davvero ingiustificabili.
E’ stavolta Clint Eastwood, anche qui un vecchio amico, a presentare il musicista sul palco, definendo la sua musica come la più diversa e unica che il cinema abbia mai offerto. In alto sullo schermo corre la carrellata d’immagini sonore delle oltre 400 composizioni del Maestro; attraversiamo il tempo con melodie e immagini note, profonde, ci torna in mente il cinema di Sergio Leone, l’eroismo degli “Intoccabili”, le immagini di “Mission” e del Robert De Niro più umano che si sia mai visto.
Il maestro impacciato ed emozionato piange sul palco e la platea gli tributa l’applauso più caloroso e intenso della serata. Clint traduce come un semplice interprete le poche bellissime frasi che Ennio pronuncia dove ringrazia tutti gli artisti esistenti e con un’umiltà dolcissima dichiara che questo Oscar sarà un nuovo punto di partenza e non d’arrivo e che la sua musica continuerà incessante a ricrearsi. Poi la dedica alla moglie Maria “che amo alla stessa maniera da tutta una vita”, l’intimità del gesto svela la capacità espressiva dell’uomo, le qualità dell’orchestratore divino, e l’emotività di un creatore di emozioni.
Vederli insieme accanto sulla scena, Clint come interprete e Ennio come commosso onorato è un annullamento del tempo, una magia cinematografica.
La carrellata dei premi vede Forest Whitaker aggiudicarsi la migliore interpretazione maschile, il suo “Ultimo Re di Scozia” è suggestivo e costruito per impressionare così come la fredda eleganza di Helen Mirren, vincitrice scontata della migliore interpretazione femminile. L’attrice britannica sembra davvero esser diventata una regina ed è stata molto più attenta ai tempi tecnici dell’ufficio stampa che alle emozioni che avrebbe potuto provare o esternare.
Di Caprio è salito sul palco solo per improvvisare un teatrino con il buffissimo senatore Al Gore, autore del documentario Oscar “Una scomoda verità”; una mossa politica a favore dell’ecosistema in quella ricchissima fetta d’America Hollywoodiana, cara ai democratici per tradizione.
Premiato con ben tre premi Oscar il già citato “Labirinto del Fauno” mentre il tanto decantato “Babel” vince solo le musiche con Gustavo Santaolalla.
Little Miss Sunshine”, film sorprendente e sperimentale, vince due statuette, una importantissima e davvero apprezzabile per la sceneggiatura di Michael Arndt.
Restano da raccontare altri due episodi suggestivi.
Uno prima del premio al miglior film straniero, consegnato da Catherine Deneuve e Ken Watanabe, in onore del sessantesimo anno di nascita (1947) e vinto da una pellicola tedesca (“Le vite degli altri”) che in Italia deve ancora uscire; quando in sala viene proiettato un montaggio di quattro minuti, firma Giuseppe Tornatore, riepilogativo di tutti i vincitori passati. C’è tanta Italia in quei premi e il regista siciliano la omaggia soffermandosi poeticamente su Fellini, Mastroianni, Benigni
L’altro episodio quando Jodie Foster presenta un omaggio agli scomparsi dell’ultimo anno che hanno fatto la storia e la memoria del cinema. Le immagini video-ricordano i grandi: Philippe Noiret, Alida Valli, Carlo Ponti, Peter Boyle, Sidney Sheldon, Jack Palance, Glenn Ford, Bruno Kirsby, Gillo Pontecorvo, Richard Fleisher, Red Buttons, Betty Comden e molti altri ancora.
Un ultimo ma doveroso appunto patriottico, per tributare un grande applauso alla torinese Milena Canonero, premio Oscar per i migliori costumi in “Marie Antoinette”.

Scopri tutte le statuette assegnate.
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