Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Christopher Nolan Il sinuoso illusionista autore di cult movie

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a cura di Giordano Rampazzi
Come inizia una storia che parte dall’epilogo? Lo si potrebbe tranquillamente chiedere a Christopher Nolan, talentuoso regista e sceneggiatore inglese, che ha fatto della particolarità del montaggio l'elemento distintivo della prima parte della sua pur “giovane” filmografia. All’esordio con l’indipendente “Following”, diventato in breve tempo un piccolo cult underground, dimostra di essere povero di mezzi economici ma ricco di intelligenza narrativa e mette subito in chiaro il tipo di cinema ha in mente: obiettivo dichiarato è canalizzare l’attenzione dello spettatore, disorientarlo con un po’ di furbizia e tanta originalità, spingerlo in grovigli logici che lo possano stimolare al ragionamento. Il meccanismo diventa ancora più palese in “Memento”, nel quale la complicazione del montaggio (temporalmente a ritroso) rende indispensabile una buona dose di concentrazione durante la visione di un film che tutto è, fuorché lineare e scorrevole. Nolan sa bene come giocare con lo spettatore e, da grande amante del cinema americano, non può non essere stato influenzato da Kubrick (“Rapina a mano armata”) o da Welles (“Quarto potere”). Così come non mancano i riferimenti ad alcune segmentazioni tarantiniane (“Pulp Fiction”) o alle atmosfere oniriche-coscienziali di David Lynch. Ma, ovviamente, non c’è solo il montaggio tra gli amori di Nolan. Egli ha ampiamente dimostrato, infatti, di avere la giusta dose di ambizione e di sfrontatezza per poter trattare temi delicati come la psicologia e la coscienza (“Insomnia”) o l’identità umana. I protagonisti dei suoi film non sono mai banali o uomini qualunque, ma sempre impegnati a combattere con sé stessi prima ancora che con gli altri, a misurarsi con un passato scomodo, cercando di conoscere realmente il presente per costruire un futuro. Ogni protagonista, più che mentire, vede il mondo in modo diverso dal nostro e chi guarda si catapulta nel suo mondo, per guardare poi, di riflesso e dall'esterno, quello nostro. Anche i personaggi collaterali, spesso ambigui e fuorvianti, contribuiscono a strappare via false evidenze e a permettere allo spettatore la condivisione di un forte senso di inadeguatezza e di circospezione. Altri temi ricorrenti sono quelli degli impulsi, delle ossessioni e della vendetta, evidentissimi nell’ultimo incantevole “The Prestige”. Microuniversi, dunque, che riproducono puzzle emozionali e che trovano la loro giusta collocazione filmica nel genere thriller-fantastico / noir-psicologico.
Impossibile, inoltre, non fare riferimento alla cura delle scenografie e della fotografia (affidata all’imprescindibile Wally Pfister), che sono parte integrante della poetica dell’ossessione che Nolan ha intenzione di sfruttare nelle sue trame metafisiche. La parola d’ordine è, dunque, sperimentare (e provocare), con un pizzico di narcisismo (funzionale) e “cercando” ogni tipo di pubblico, permettendo una lettura dei suoi film su livelli multipli, disseminando interrogativi (sinceri) e consegnando risposte (poche).
Dopo aver risollevato una serie in caduta libera come quella di Batman, passata dai seducenti primi due episodi di Tim Burton ai due di Joel Schumacher, il sequel di “Batman begins”, “Il cavaliere oscuro”, ha tracciato definitivamente la linea cinematografica di Christopher Nolan: il regista americano diventerà, dopo essere stato autore di cult movie, il regista di blockbuster più importante del decennio, con la straordinaria qualità di non banalizzare mai la materia che esplora ed elabora, di non buttare mai via gli attori con cui lavora, di non lasciare mai nulla al caso in quello che fa, di fidarsi e affidarsi all'intelligenza dello spettatore. L'esempio più lampante è proprio “Inception”, capolavoro tecnico e labirinto mentale affascinante e intelligente, costato 160 milioni di dollari e già oltre i 750 di incasso. Nolan ci ha messo 10 anni prima di dare il via a questo progetto e il motivo è piuttosto chiaro: Inception ricostruisce un vero e proprio mondo dei sogni, all'interno del quale tutto è possibile e lo spettatore si immerge per seguire le azioni e i segreti di un Leonardo Di Caprio incredibilmente tormentato. Nolan, invece di puntare sui colpi di scena in senso classico, cerca di giocare con le dimensioni e le realtà aggrovigliate come in un caleidoscopio. Solo due i punti deboli: approfondimento psicologico limitato e rapidità eccessiva di alcune scene.
Si cita dichiaratamente “Matrix”, “Blade Runner”, “2001: Odissea nello spazio” ma anche lo scrittore Borges e il disegnatore Escher, mescolati come in un cubo di Rubik all'interno di uno degli script più ingegnosi e complessi della storia del Cinema. Parafrasando Shakespeare si potrebbe dire che i film sono fatti della stessa sostanza dei sogni. A quando i sogni in 3D?
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