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Numeri Uno Paolo Sorrentino

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a cura di Glauco Almonte
Nella notte tra domenica 2 e lunedì 3 marzo 2014 arriva il tanto atteso riconoscimento ufficiale: il Premio Oscar consacra Paolo Sorrentino quale numero uno in Italia e tra i primi nel mondo a poco più di un anno dall'uscita nelle sale americane del suo film precedente, “This must be the place”, girato e distribuito in America quasi a preparare il terreno per il successo de “La grande bellezza”.
Sul palco a ritirare l'Oscar l'attore simbolo dell'affermazione di Sorrentino, Toni Servillo, la cui fama è cresciuta di pari passo fino ad essere considerato pressoché all'unanimità il miglior attore del cinema italiano contemporaneo. Nella breve carriera di Sorrentino (non dimentichiamo che ha girato soltanto 6 film, dal 2001 ad oggi) il connubio con Servillo è quasi una costante, dal film d'esordio “L'uomo in più” (in cui interpreta i due protagonisti) a “Le conseguenze dell'amore” (in concorso a Cannes, 5 David di Donatello 'pesanti', critiche esaltanti), dall'assolo de “Il divo” (Premio della Giuria a Cannes, 7 David e un riconoscimento che non ha prezzo, aver portato Andreotti a mostrare il suo disappunto) a “La grande bellezza”, in cui concede spazio ad una coralità fatta da grandi nomi del cinema italiano, tutti intorno al solito impeccabile Servillo. Negli altri due film (entrambi nella selezione ufficiale di Cannes) l'assenza non è percepita: un sorprendente Giacomo Rizzo rende indimenticabile ne “L'amico di famiglia” uno dei personaggi più sgradevoli che si possano ricordare, mentre “This must be the place” (altri 6 David, ma meno 'pesanti' dei precedenti) poggia interamente sulle spalle enormi di Sean Penn, colui che si è innamorato di Sorrentino due anni prima, quand'era in giuria a Cannes, lo ha portato oltreoceano e gli ha aperto la frontiera di un cinema che, dalla notte tra il 2 e il 3 marzo, lo ha accolto tra i Maestri.
Queste, in sintesi, le tappe che lo hanno portato al vertice:


Le conseguenze dell'amore” (2004) – il secondo film è quello che lo lancia nel gotha del cinema italiano: la stampa ne sottolinea la tecnica e la profondità del soggetto, l'unico dubbio che resta è quanto merito sia da attribuire a Toni Servillo e quanto sia il talento di Sorrentino. Il quale, non a caso, pensa subito a un film senza Servillo.

Il divo” (2008) – una “mascalzonata”, lo ha definito il diretto interessato: la biografia nemmeno troppo romanzata di Giulio Andreotti sembra un obiettivo troppo grande per chiunque, trattandosi del personaggio più importante della storia italiana del dopoguerra, custode di segreti sui quali si è fatta fin troppa letteratura; oltre mezzo secolo dopo i “panni sporchi” di “Umberto D.”, Andreotti torna a mostrare stizza per un film, dandone un involontario attestato di qualità, forse più importante del premio a Cannes.

La grande bellezza” (2013) – dopo l'one man show americano, Sorrentino torna sui suoi passi con un film ancor più corale de Il divo, e con un soggetto se possibile ancor più delicato: La dolce vita di Federico Fellini. Qualcuno, tra i critici e gli addetti ai lavori, ha storto inizialmente il naso: La grande bellezza è un film sovraccarico, che non rinuncia ad alcuna idea, con la consapevolezza di una messa in scena che non ha eguali in Italia. Un film che trascende il gusto del pubblico italiano, adatto – sembra – ad impressionare il pubblico americano...
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La grande bellezza | Numeri Uno
This must be the place | Numeri Uno
Il divo | Numeri Uno
L'amico di famiglia | Numeri Uno
Le conseguenze dell'amore | Numeri Uno
L'uomo in più | Numeri Uno