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Inferiore al precedente, bellissimo 'Kynodontas' e un po' meno bizzarro del successivo 'The Lobster', 'Alps' è un altro notevole tassello del singolarissimo mosaico di Lanthimos. Che ci parla col suo solito linguaggio conturbante, espresso da personaggi neanche umani, marionette (qui si dotano di nomi fittizi, in 'Kynodontas' non ne avevano affatto), in cui il dramma si allenta (o si acuisce?) diventando amarissima, e a tratti violenta, farsa. Si arriva così, nuovamente, a un punto in cui questo equilibrio "disumano" non può tenersi all'infinito, e la situazione deflagra, magari con uno dei suoi personaggi. Benché meno munito della potenza comunicativa e cromatica della sua opera precedente (e forse anche della successiva), 'Alps' raggiunge ancora il suo scopo: sconcertare, disturbare lo spettatore, sfuggendo a qualsiasi schema concettuale e narrativo. Un finale intelligente e inevitabile: si cerca di colmare l'altrui solitudine per sopravvivere al proprio, abissale vuoto.
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