Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Intervista: Fernando Leon de Aranoa

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Presentato nella Quinzaine des Réalisateurs al Festival di Cannes 2015 arriva nelle sale italiane “A perfect day”, debutto in lingua inglese di Fernando León de Aranoa. Un cast internazionale per una black comedy su un gruppo di operatori umanitari al lavoro in una zona di guerra. Il regista racconta alla stampa la scelta di raccontare con questo registro lo scenario di guerra.
Intervista Fernando Leon de Aranoa: Domanda 1Qual è il tema fondamentale del film?
Questo film parla di persone che affrontano il difficile compito di mettere ordine al caos. E racconta i loro tentativi quotidiani di fare una guerra nella guerra: quella contro l’irrazionalità, contro lo scoraggiamento, contro il loro stesso enorme desiderio di tornare a casa. Sono operatori umanitari. Come loro, il film usa l’umorismo per creare una distanza: i commenti più arguti, i passaggi da commedia più crudi e feroci, nonché i più disperati, spesso emergono nel bel mezzo della tragedia. Perché non c’è posto sulla Terra dove ciò sia più necessario. In “Perfect Day” possiamo assistere alla routine di coloro che lavorano in un posto dove niente è routine, possiamo vedere i loro punti di forza e le loro debolezze, le decisioni giuste e le avversità di ogni tipo. Senza perdere mai di vista che salvare delle vite non è qualcosa di eroico in sé. L’eroismo viene dal fatto stesso di provarci.
Intervista Fernando Leon de Aranoa: Domanda 2Quale importanza ha la location per lo svolgersi dell'azione?
Perfect Day” si svolge in un’area montuosa, una specie di microcosmo in cui ritroviamo tutti i protagonisti di una guerra: soldati, civili, caschi blu, giornalisti… e naturalmente gli operatori umanitari, impegnati in questo caso a rimuovere un cadavere da un pozzo, forma primitiva ma efficace di guerra batteriologica. È un problema in apparenza semplice da risolvere, ma la prima vittima di un conflitto armato è il buon senso: è per questo che vediamo le loro macchine sfrecciare avanti e indietro lungo le strade di montagna, come in un labirinto, cercando una via d’uscita che forse neanche esiste. Un labirinto aperto e luminoso, sotto il cielo dei Balcani: la sua vastità lo rende ancora più claustrofobico. L’immagine dall’alto dei due SUV che vagano tra le montagne come cavie l’ho avuta in testa fin da quando ho iniziato a scrivere il copione.
Intervista Fernando Leon de Aranoa: Domanda 3In che modo ti sei posto verso l'attività degli operatori umanitari?
I miei film mi hanno dato spesso l’opportunità di lavorare a fianco degli operatori umanitari nelle zone di guerra. La prima volta è stato nel febbraio del 1995, proprio durante il conflitto in Bosnia: riprendevamo per un documentario il loro lavoro, con due telecamere Betacam. Tornammo a casa con dozzine di nastri e un pugno di parole che usavamo di frequente per descrivere la guerra: Confusione, Irrazionalità, Babele, Labirinto, Impotenza. Qualche anno fa ho girato un documentario in Uganda con i volontari di Medici Senza Frontiere. In quello che potrebbe definirsi un bar, che trovammo a 15 chilometri dal confine con il Sudan e dove stavamo bevendo una birra calda, ho sentito per la prima volta il capo della sicurezza della nostra missione menzionare "Dejarse llover", il romanzo di Paula Farias. Paula è un dottore, è emergency coordinator per MSF, ed è anche una scrittrice. In un certo senso cerca di aiutare le persone in due modi.
Intervista Fernando Leon de Aranoa: Domanda 4Cosa ti ha colpito del libro da cui è tratto "A perfect day"?
Ero catturato dalla semplicità della vicenda raccontata da Paula e dalla sua profondità, perché parla della crudeltà della guerra, ma lo fa con senso dell’umorismo e dell’assurdo. Nelle sue pagine e nei miei ricordi personali dell’impenetrabile labirinto dei Balcani, ho trovato l’idea per questo film, un film il cui unico genere a cui si può ricondurre è la vita stessa. Come in una matrioska: c'è un dramma dentro la commedia, dentro un road movie, dentro un film di guerra.
Intervista Fernando Leon de Aranoa: Domanda 5Chi sono i Missionari, i Mercenari e i Disadattati?
Al confine tra Etiopia e Somalia, un esperto di logistica australiano ci ha spiegato una volta che gli operatori umanitari si dividono in tre categorie: i Missionari, i Mercenari e i Disadattati. Ci sono le persone che arrivano e vogliono salvare il mondo; persone che stanno sul campo da anni, gli operatori professionisti; persone che hanno rimbalzato da una guerra all’altra per così tanto tempo che ormai non potrebbero fare nient’altro. In “Perfect Day” ritroviamo tutti e tre i tipi.
Intervista Fernando Leon de Aranoa: Domanda 6Come ha scelto i suoi quattro protagonisti?
Ho proposto il ruolo di Mambrú a Benicio del Toro e quando ha letto il copione è rimasto affascinato dal personaggio, dalla storia e credo anche dal tono del racconto. Mambrú è la colonna portante del gruppo, quello che ne mantiene l’equilibrio (o almeno ci prova). Lavorare con Benicio vuol dire lavorare con un partner creativo. Le ore di lavoro erano niente per lui, il suo impegno per il film e il suo coinvolgimento sono stati assoluti. Tim Robbins ha interpretato alla perfezione il senso del suo personaggio, B, e quello che porta al gruppo: esperienza, sicurezza, ma anche tenerezza e humour, oltre ovviamente a quella componente selvaggia necessaria alla sopravvivenza durante la guerra. B riesce a gestire la follia della guerra perché la comprende bene. Per Sophie, l’esperta di purificazione delle acque, volevo un personaggio puro, trasparente, come l’acqua stessa: un personaggio che non fosse ancora corrotto. Mélanie Thierry si è rivelata l’ideale, grazie al suo sguardo così diretto e alla naturalezza e alla forza della sua interpretazione. Per Katya, una donna forte e intelligente ma con una fragilità nascosta, Olga Kurylenko ha creato un personaggio ricco di sfumature, la cui presenza aggiunge nuovi conflitti alla vicenda.
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