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C'era molta attesa per la conferenza stampa del film "Diaz", dal prossimo 13 aprile in sala distribuito da Fandango.
Daniele Vicari, insieme al produttore Domenico Procacci e al cast (tra gli altri, Claudio Santamaria, Jennifer Ulrich, Alessandro Roja e Renato Scarpa) ha parlato della nascita del progetto e del clima ostico che si appresta ad accogliere il film, basato esclusivamente su atti processuali.
Il regista ha sottolineato come la sua idea non fosse quella di fare un'opera 'politica' ma di riflessione sul signficato stesso della parola democrazia. |
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Come giudichi la circolare del Ministero dell’Interno che invita gli agenti di Polizia a non rilasciare commenti sul film? |
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Conosco molti poliziotti incapaci di compiere quanto descritto nel processo. Spero che donne e uomini in divisa trovino il tempo di andare a veder il film, non per l’ennesimo litigio, ma per discutere su cosa sia la democrazia: tema della pellicola è proprio questo.
Domenico ha fatto di tutto per cercare un confronto con le autorità, ma c’è stato il silenzio più assoluto come risposta. E non parlo solo della Polizia, ma di tutte le Istituzioni. Avremmo voluto avere delle risposte non solo da loro, ma dalla Stato in senso lato, per questo dico che quanto accaduto riguarda il concetto stesso di democrazia, visto che in 10 anni si è voluto far dimenticare la vicenda. Non pretendo neanche più che si chieda scusa (ai cittadini tutti, non solo ai protagonisti della vicenda), ma almeno affermare che non si ripeterà più un fatto del genere.
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Nella locandina è riportata una frase di Amnesty International molto importante. |
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All’inizio pensavo che la frase di Amnesty fosse esagerata, nel Paese delle bombe di stato... Poi studiando gli atti processuali ho capito che era così. Ricordo che mi colpi molto la folla che dopo la sentenza gridò “Vergogna! Vergogna!”, con una ragazza tedesca che disse: “io in questo paese non tornerò più”.
Da lì è nato il desiderio di capire il perché di questa affermazione. Credo che quando una persona è privata della propria libertà lo Stato si deve fare carico di questa, garantendone dignità e diritti. |
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Che esperienza è stata leggere gli atti processuali? |
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E' stata un'esperienza umana prima che lavorativa: leggere tutti gli atti ci ha permesso di ricostruire una storia nella quale si sono chiariti meglio i destini di quelle persone a cui è stata tolta la dignità. Dell’argomento avevo un'idea politica, ovvero che quanto successo testimoniasse che in qualche modo c’era la volontà di fermare un intero movimento. Poi, studiando il materiale a disposizione, mi sono accorto che si è consumata una tragedia molto più grande, senza precedenti. Trovo inaccettabile far perdere ad una persona la dignità di essere umano. |
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Avete lasciato fuori qualcosa? |
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I processi della scuola Diaz e della caserma di Bolzaneto sono da paragonare ai grandi processi di mafia, che comprendono migliaia di vicende umane. Abbiamo quindi dovuto eliminare tante storie, per scelte narrative. Per esempio Bolzaneto l’abbiamo raccontata con qualche scena: per tre, quattro notti sono successe cose incredibili, che neanche sarei stato capace a rappresentare. La scena di Alma se lo sono beccata una quindicina di persone, il ragazzo con il cane anche. Ricordo di aver letto di un ragazzo picchiato con un salame. Come si può fare una cosa del genere? |
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Quanto c’è di finzione nel tuo film? |
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Dall'irruzione alla Diaz, fino al termine del film non c'è stata una sola cosa inventata, il livello di tradimento è stato legato a necessità drammaturgiche elementari. Non volevo però dare risposte con il mio film, come se fossi un giornalista, volevo raccontarne il senso. Quando i film ricostruiscono delle teorie, i film invecchiano dopo 3 minuti. Ho tentato di sottrarmi a questo tentativo: l’obbiettivo principale del film riguarda non solo la polizia o il G8, ma la coscienza stessa delle persone: che vuol dire democrazia? |
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Come giudichi le reazioni “ufficiali” a quanto accaduto? |
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Beh, noi siamo un paese in cui si confondono la prescrizione con l’assoluzione…eppure anche se arrivassero delle condanne definitive credo che siano troppi 11 anni per aspettare una condanna per poi dire: “abbiamo sbagliato”. Non c’è bisogno di arrivare a tal punto per dirlo.
Faccio presente anche che nel 1984 si discusse sull’eventuale introduzione del reato di tortura, ma non è mai stato adottato qui. Perché? Crediamo che non succedano queste cose qui? Negli atti c’è scritto che quanto accaduto è stata una “macelleria messicana”, ma è successo in Italia.
Per quanto riguarda il silenzio degli altri paesi è solo uno dei tasselli del mosaico. E’ un dato di fatto che solamente l’Austria chiese numi su quanto accaduto. Quando dico che il film vuole far interrogare sul senso della democrazia è proprio questo.
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Hai scelto di usare anche immagini di repertorio. |
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Sì, circa tre minuti. E’ stato fondamentale per ricostruire l'atmosfera e i costumi di quei giorni. Quello fu un evento mediatico eccezionale, ripreso in tanti modi soprattutto grazie ad alcuni documentaristi. Ho cercato comunque di non abusarne, anche perché le immagini di repertorio sono sempre più belle di qualunque messa in scena! Ho sempre avuto paura di raccontare la realtà, perché è più difficile di quanto si pensi. |
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