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Due anni dopo l'accoppiata di successo “La banda dei Babbi Natale” - “Immaturi”, Paolo Genovese prova a sbancare nuovamente il botteghino con il sequel “Immaturi - Il viaggio”. Gli otto protagonisti, dopo essersi diplomati a quarant'anni al termine del capitolo precedente, partono insieme per il viaggio di maturità: destinazione Paros, un'isola greca dove ognuno troverà la propria maturità. L'ufficio stampa del film ha diffuso l'intervista a Paolo Genovese, regista e sceneggiatore, che di seguito riportiamo. |
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Come e perché è nato il progetto di questo nuovo film? |
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La ragione principale deriva dal fatto che il nostro primo “Immaturi” aveva ottenuto dei risultati superiori ad ogni aspettativa: quasi 16 milioni di euro di incasso, recensioni positive e soprattutto un alto gradimento da parte del pubblico, testimoniato da lettere e commenti sulla pagina facebook del film che conta circa 30.000 iscritti. I dirigenti di Medusa hanno sollecitato sia me sia il produttore Marco Belardi a pensare ad un sequel e mi sono reso conto subito che un seguito naturale era lì a portata di mano: il viaggio della maturità, quella vacanza che i nostri personaggi non avevano fatto venti anni prima. La preoccupazione principale che si ha quando si pensa ad un capitolo successivo di un film di successo è quella di poter essere all’altezza del primo soggetto. Per quanto riguarda il luogo delle vacanze del gruppo l’idea di base era stata subito quella di scegliere per le riprese un posto tipico da viaggio di maturità: abbiamo compiuto diversi ed accurati sopralluoghi tra Spagna e Grecia, alle isole Baleari, a Minorca, Maiorca, Skiatos e Santorini e alla fine quando ho scoperto l’isola di Paros nell’arcipelago delle Cicladi me ne sono innamorato a prima vista, aveva concentrate tutte le caratteristiche che stavamo cercando. |
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Che cosa si racconta in questa nuova storia? |
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Il punto di partenza è che per ogni maturità raggiunta ce n’è sempre un’altra da conquistare, magari credi di esserti evoluto per certi aspetti ma poi ti imbatti in occasioni sempre nuove per dimostrare se sei diventato maturo o no. Dopo le vicende raccontate nel primo film ogni personaggio questa volta ha l’opportunità di confrontarsi con nuove situazioni di crescita in una serie di storie diverse. |
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Come ti sei rapportato questa volta con i tuoi attori? |
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Conoscendo i personaggi è stato da subito tutto più semplice, ad esempio quando scrivevo i ruoli per Ricky Memphis e Raoul Bova mi venivano fuori spontaneamente i modi di parlare e di pensare di uno e dell’altro, avendone scoperto le diverse caratteristiche; le battute e la comicità erano sperimentate e sapevo dove andare. I due caratteri che ho dovuto reinventare e riscoprire da vicino sono stati invece quelli di Virgilio e di Eleonora per Paolo Kessisoglu ed Anita Caprioli che nel primo film arrivavano in scena molto dopo gli altri. |
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Ci sono momenti che ti sono rimasti particolarmente impressi nella memoria? |
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A metà ottobre siamo andati via da Paros tutti con il magone, con la sensazione comune che parallelamente al nuovo film in realtà noi del cast, della troupe e della produzione, senza volerlo avevamo compiuto un “viaggio della maturità”, non solo lavorando tutti con una dedizione, un affetto e un calore verso il progetto davvero rari, ma incrociando anche i nostri percorsi fuori dal set, andando al mare insieme, giocando a calcio, cementando amicizie e solidarietà: abbiamo vissuto tre mesi come in una piccola comunità, abbiamo creato una sorta di microcosmo a parte che sarà difficile dimenticare. |
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Che rapporto si è instaurato con l’isola e con la gente locale? |
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La sceneggiatura era piuttosto solida e quando sono partito per i primi sopralluoghi a maggio avevo le idee chiare, ma il luogo mi ha suggerito dinamiche nuove e me le ha chiarite meglio. Una volta sul set, poi, abbiamo dovuto affrontare alcune difficoltà oggettive come il vento forte e la presenza massiccia di turisti che poi si sono diradati da metà settembre; logisticamente la situazione non era semplice ma non c’è stato niente di particolarmente oneroso.
Il porto di Naussa si è trasformato presto in un teatro di posa, abbiamo avuto tutto a disposizione come volevamo, la popolazione locale ci ha accolti a braccia aperte ed è stata sempre molto collaborativa, anche perchè la nostra presenza ha portato indubbiamente nuovi lavori e guadagni per l’isola. |
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Come giudichi il film a fine lavorazione, sei soddisfatto? |
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Sono molto contento, è venuto fuori come l’avevo pensato e come l’ho voluto strada facendo. Il primo “Immaturi” grazie al passaparola positivo ha coinvolto un po’ tutte le fasce di pubblico: i ragazzi impegnati al momento con la maturità o che ne erano appena reduci, la generazione sui 30-40 anni e i sessantenni che si sono rivisti e ritrovati ricordando la loro giovinezza. Gli “ingredienti” giusti non sono stati studiati a tavolino: dovevano necessariamente essere gli stessi, ed in realtà è stata innestata una storia sentimentale seria in un meccanismo di divertimento. Ogni sceneggiatore o regista ha tante storie nel cassetto e penso che se oggi io volessi girare un film diverso me lo farebbero fare perché ho portato dei buoni risultati; finchè garantisci gli incassi hai carta bianca e di te si fidano, ma bisogna distinguere quando si parla di commedia, che è un termine onnicomprensivo: ci sono commediacce e capolavori assoluti che hanno vinto degli Oscar... Il problema è quando i produttori pensano “basta che faccia ridere” senza curare il prodotto, mentre per incassare bisogna fare belle commedie, quelle riuscite si impongono, quelle brutte no... |
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