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Nel settembre del 2000, i governi delle Nazioni Unite si sono impegnati in otto obiettivi comuni al fine di ridurre della metà la povertà nel mondo, entro il 2015. Tali obiettivi hanno preso il nome di Obiettivi del Millennio per lo Sviluppo. Otto registi sono stati coinvolti per trattare in modo personale ciascuno di questi otto differenti temi-obiettivi. Gli otto cortometraggi realizzati sono: "Tiya's Dream" di Abderrahmane Sissako, "The Letter" di Gael Garcia Bernal, "SIDA" di Gaspar Noé, "How can it be?" di Mira Nair, "The Water Diary" di Jane Campion, "Mansion on the Hill" di Gus Van Sant, "The Story of Panshin Beka" di Jan Kounen, "Person to Person" di Wim Wenders. |
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"Perché scompaia la povertà dal mondo servirebbe condividere le ricchezze.
Ma alle persone la parola condivisione non piace"
A ben vedere, la moda degli ultimi anni dei film collettivi non ha (ancora?) aggiunto qualcosa di interessante nel Grande Libro della Storia del Cinema.
Esperimenti come Eros, 11’09”01, Tickets e tanti altri ancora - fatta eccezione, forse, per All the invisible children - non sono riusciti a superare i limiti (e gli errori) congeniti di questo nuova orizzonte cinematografico. Nel Dizionario del Cinema capita spesso di incontrare la parola Opera: opera prima, opera d’arte, opera famosa…opera collettiva, per l’appunto, ma ciò che spesso risulta fastidioso di questi ensemble di stili e di voci, è che essi siano quasi sempre più delle opera-zioni senza una vera anima, un vero cuore.
Film come "8" patiscono l’inevitabile disomogeneità stilistica senza riuscirne a sfruttarne le possibilità, scivolando così verso derive pericolose che evocano la convinzione di assistere a semplici esercizi di stile, divertissement impegnati, ed è legittimo chiedersi che senso abbia costruire un film corale che parli della Dichiarazione degli Obiettivi del Millennio quando giorno dopo giorno il mondo solca distanze sempre più grandi tra ricchi e poveri, con i grassi governi Occidentali che stanno a guardare.
Che senso ha una pellicola come questa, se persino la ragazzina africana del primo episodio dice candidamente che la Dichiarazione del 2000 non cambierà nulla, perché il concetto di condivisione è completamente scomparso?
Se neanche le leggi riescono a smuovere le coscienze, figuriamoci 103 minuti di proiezione.
In questo concetto, offuscato dalla maschera del buonismo e della denuncia, si nasconde l’inganno di un progetto come questo.
Per la cronaca: i due episodi più belli sono senz’altro quello grottesco di Jane Campion e quello kitch di Wim Wenders; i due più brutti quello furbo di Gus Van Sant (orribili didascalie sopra immagini che sembrano scarti di Paranoid Park) e quello glassato di Mira Nair. |
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Commenti del pubblico |
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News sul film “8” |
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