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Pierre, ballerino professionista, ha scoperto di essere gravemente malato ed è in attesa di un trapianto cardiaco. Bloccato in casa, sospeso tra la vita e la morte, dal balcone del suo appartamento di Parigi, Pierre inizia ad osservare gli abitanti del quartiere. Grazie al suo nuovo passatempo e all'arrivo in casa della sorella Élise (che si è trasferita da lui, con i tre figli, per accudirlo) Pierre viene così a conoscenza di un universo umano dove, ognuno con i suoi problemi, cerca come lui di sopravvivere giorno per giorno. |
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Cédric Klapisch realizza un film corale, dimostrando la stessa abilità, del precedente “L'appartamento spagnolo”, di descrizione e approfondimento dei personaggi che la sua regia struttura come esseri narranti, ognuno con dubbi e soprattutto diversità che riescono sempre ad orchestrare una discussione originale che caratterizza, divertendo e anche illudendo, la indiscutibile e vivace freschezza narrativa.
Ogni protagonista un simbolo di una storia molto diversa, lanciato dentro una metropoli, ora Parigi prima Barcellona, ripiena di persone che spesso si sfiorano ma quasi mai coincidono.
Romain Duris, al terzo film col regista, ormai è un attore completo. Il suo Pierre osserva vivere gli altri lasciando allo spettatore il dubbio irrisolto se tutto quello che viene visto sia realtà o pura immaginazione, necessaria per sopravvivvere alla disfunzione cardiaca che lo tiene ai margini, costretto ad invidiare la vita degli altri.
Juliette-Elise ha un viso tenerissimo, come ogni sorella, e con i suoi tre bambini accarezza molta parte del film, che convince in pieno nei chiaroscuri parigini o nelle ombre di una città stupenda e sempre pronta a stupire, ma a volte perde nella struttura, allungando eccessivamente alcuni periodi, consequenzialmente il film, colmi d'immagini abusate al contesto e forse un po troppo commerciali.
Ma è vero però che a Parigi, come sostiene il buffo luminare di Storia della Sorbona, Professor Roland, “il presente non si contrappone mai al passato, si armonizza con esso verso un continuo mutamento”, anche se poi “nessuno sembra essere mai contento”. |