"La poesia del quotidiano."
Divertente, poetico, spiazzante, mistico, semplice, romantico, commovente, surreale, reale, vero. Le pensioncine, le cassiere e le bariste, le fidanzatine, i fruttivendoli e i salumieri, il mercatino ed i pensionati dei capolavori di Carné (Les enfants du Paradis), ma anche le delicate e spiritose meccaniche di Truffaut. O, ancora, i clown tristi per le strade, gli artisti squattrinati lungosenna: tutti rivisti con ingegno postmoderno e piccole invenzioni digitali. La vicenda della favolosa Amélie è fatta per piacere.
Poiché è quella di un'anima gentile e solitaria che decide di donare gioia, far felice il prossimo e ovviare alla solitudine del vicino. Dimenticandosi di riparare alla propria, di solitudine. E’ il palese invito di Jeunet, attraverso il suo alter ego Amélie, a fare attenzione al particolare, a concentrarsi su quell'impero dei segni che va a formare un mondo ulteriore. Un rapporto "didattico" tra chi mostra e chi guarda. E la presenza della luminosa Audrey Tautou, tende continuamente a riscattarlo.
I toni, i colori, le sensazioni tornano ad avvicinarsi a quelli di "Delicatessen", che oscilla tra poesia e umorismo. A Jeunet, con "Alien - La clonazione", era riuscito un mezzo miracolo: contaminare coi propri eccessi immaginifici (ovviamente europei) una megaproduzione hollywoodiana. Ma il regista non si accontenta e cerca di creare un mondo a parte, coerente e scatenato. La sua Parigi vive, palpita e esplode nella dolcezza un pò caramellosa e contagiosa. E, sotto l’apparente semplicità, il regista riesce a inserire invenzioni visive non banali e a ridurre a brandelli la sua pazza realtà, riflettendo, rifrangendo, moltiplicando, esasperando le immagini e i suoni, incastrando schermi dentro schermi.
Disorganizzato, confusionario; una piccola lezione di soggettività. |
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