Due mondi che si scontrano, una lotta inevitabile; il dolore come unico denominatore comune.
Da un lato Ryu, sordomuto, capelli verdi, lavoro massacrante in fabbrica, il desiderio di salvare la sorella malata donandole un rene. Dall'altro Dong-jin, ricco, orgoglioso e chiuso in se stesso, la cui unica gioia, da quando si è separato dalla moglie, è la figlia Yoosun. Ryu, aiutato dalla sua ragazza, Young-mi, rivoluzionaria fedele alle cause perse, la rapisce, perchè è l'unico modo, perchè è l'ultima strada per realizzare un sogno. Qualcosa, nonostante tutto, va storto...
Senza remore, senza paura: affondare il coltello nel dolore del disagio sociale, ribellarsi quando e proprio perchè non è possibile farlo senza pagarne le conseguenze. Un'umanità dissolta, una rabbia cieca in cerca di sfogo, fantasmi evanescenti che popolano le terre desolate delle nostre menti.
Quando l'apparenza di un mondo giusto e confortevole, di un microcosmo in cui trovare rifugio e riparo dalle costanti avversità, evapora sotto i colpi di macabri destini; quando il crepuscolo è permanente, la luce solo una chimera, solo allora i sentimenti diventano armi mutevoli e spietate per chi è in grado di addomesticarne la furia.
La gola che brucia dopo un pianto dirotto, il sapore acre del terrore, il rosso intenso del sangue che zampilla da squarci abissali, il calore di un amore complice e senza via di fuga, i sorrisi e le lacrime che solo la passione riesce a far affiorare; bisogna avere coraggio per unire tutto in un film senza perdere in credibilità, senza doversene pentire. Chan-Wook Park è in grado di farlo con il "semplice" magnetismo della radicalità, non concedendo facili scappatoie, procedendo per sfide successive in cui lo spettatore è coinvolto suo malgrado, fino ai limiti estremi, fino a (dis)perdersi.
"Sympathy for Mr. Vengeance" è l'esempio di come sia ancora possibile fare e pensare cinema di genere fiero, schierato, viscerale, tirando pugni nello stomaco, ma lasciando un indefinibile retrogusto dolce e surreale nei ricordi, senza perdere nulla del rigore formale cui (sbagliando) si è soliti associare il solo cinema d'autore.
Premio Speciale della Giuria al Noir in Festival di Courmayeur 2002. |
|
|
Ultimi commenti e voti |
|
|
|
|
|
|
|
|
8
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
7
|
|
|
|
|
La storia vale meno dello sguardo. In questo primo film della trilogia della vendetta il regista coreano cala il poker d'assi rispetto alla propria idea di cinema. Commistione di stili dal triller, all'horror che vira nello splatter, fino all'western, Chan Wook deve molto ai miti del passato ma li reinterpreta con una personale poetica. Molti silenzi, giustificati dal protagonista sordomuto e un escalation di violenza che inchioda sempre piu' lo spettatore fino a un livello di stress preoccupante...molta ironia e anticonformismo in puro stile orientale new school.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
7
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
7,5
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
8
|
|
|
|
|
Quando parlo di questo film, tutti mi dicono che in effetti sì, non è male.. Ma che non regge il paragone con Oldboy.. Mmm, io non ne sono tanto convinto.. La scelta del personaggio sordomuto, quei lunghi silenzi.. Conferiscono al film, già appassionante e scritto divinamente, una poeticità che raramente si vede su pellicola. Secondo me i due film sono perlomeno alla pari
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
8
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
8,5
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
8,5
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
8
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
8
|
|
|
|
|
|