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Finito il servizio militare, il giovane Asa torna dai suoi familiari, pastori nomadi, che vivono nella steppa del Kazakistan. Per diventare a sua volta pastore, il ragazzo deve trovare una moglie e la scelta cade sull'unica ragazza nubile disponibile nella steppa, Tulpan, figlia anche lei di pastori. Tuttavia, lei lo rifiuta a causa delle sue orecchie ma Asa decide di non darsi per vinto... |
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Il premio “Un Certain Regard” conquistato inaspettatamente da Tulpan all’ultimo Festival di Cannes è una notizia che non può lasciare indifferenti: ci si chiede, legittimamente, quali meriti prettamente artistici possano aver portato ad un riconoscimento così importante, e al tempo stesso si resta piacevolmente sorpresi nel constatare l’unanime apprezzamento per il primo lungometraggio del regista kazako Sergey Dvortzevoy da parte della critica, del pubblico e, ovviamente, della giuria che lo ha premiato. Come è possibile che una storia totalmente priva di appeal e girata senza particolari virtuosismi riesca a vincere in uno dei Festival più importanti e affascinanti del mondo, ma pur sempre espressione di un Sistema Cinema legato a passerelle glamour e business da milioni di euro? Probabilmente perché l’incanto del cinema passa (anche) per la sua capacità di evasione, di mostrare luoghi lontani, culture differenti, vite fuori dall’ordinario: nel caso di Tulpan tutto questo è rappresentato, con deciso taglio documentaristico, dalla storia di Asa, giovane marinaio tornato dal servizio militare, che va a vivere con la sorella e suo marito nella sconfinata steppa del Kazakistan. Dvortzevoy mostra senza filtri la realtà di una vita nomade densa di tradizioni e regole rigide, come quella che impone ad Asa di sposarsi per diventare a sua volta pastore. Il rifiuto di Tulpan, unica ragazza nubile del posto, getta nello sconforto Asa, combattuto tra il desiderio di possedere un proprio gregge e il sogno di vivere in città, simbolo di una modernità misteriosa e accattivante. Distante centinaia di chilometri però, anche la città si rivela semplice chimera, realtà immaginata dove si incontrano speranze e utopie di un giovane idealista che deve fare i conti con un microcosmo da cui non si riesce a liberare. Un microcosmo sperduto in un paesaggio che sembra lunare, flagellato dal vento e dalla polvere, in cui il tempo scorre malinconico, lento e prevedibile.
Un film su un mondo remoto e in via di estinzione, assurdo e surreale agli occhi di un occidentale, ma proprio per questo carico di fascino e seduzione, nonostante il minimalismo con cui le vicende vengono narrate. |